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L’Intelligenza artificiale alla prova con il sistema Italia

biotech

Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale è uno degli elementi che caratterizza la cosiddetta “quarta rivoluzione industriale”, ovvero quella in cui le tecnologie hanno un impatto profondo sul mondo del lavoro e della produzione industriale. La rivoluzione industriale guidata dai sistemi digitali, dalla stampa 3D, da processi produttivi “data-driven” e dalle applicazioni dell’AI rappresenta il futuro dell’economia e l’Italia non è esclusa da questo processo. Delle implicazioni economiche che avrà l’intelligenza artificiale sul tessuto economico italiano tratta il saggio appena uscito “Intelligenza artificiale: ultima chiamata” di Stefano Da Empoli, fondatore e presidente dell’Istituto per la Competitività (I-Com) e docente di economia politica all’Università Roma Tre (Bocconi Editore).

Nel libro viene prima di tutto tracciato un percorso per spiegare come di intelligenza artificiale si sia iniziato a parlare già negli anni ’50 e di come nel tempo il tema si sia evoluto fino ai giorni nostri. Oggi assistiamo a una “corsa mondiale” per avere la supremazia nel settore, soprattutto da parte di Cina e Usa che si sfidano anche sul piano delle startup. In Europa sul piano delle imprese innovative vince il Regno Unito, ma la vera startup-nation resta Israele. è a questi paesi che anche l’Italia dovrebbe guardare per far crescere il suo ecosistema dell’innovazione. Negli ultimi anni le imprese innovative a spinta digitale sono cresciute, certo, ma stando ai numeri ancora non possiamo competere con il resto d’Europa, che comunque sull’intelligenza artificiale è partita in ritardo rispetto agli statunitensi e ai cinesi. Una “svolta” si è avuta solo nel 2017 quando il Parlamento Europeo ha adottato le prime raccomandazioni sulla robotica.

Stringendo sull’Italia, si è detto, la situazione non migliora: tuttavia l’autore rintraccia nel sistema italiano alcune caratteristiche che dovrebbero consentire alle imprese di accogliere le novità legate all’intelligenza artificiale in maniera strategica. Tra queste la resilienza, la possibilità di contare su alcuni settori manifatturieri particolarmente centrali nella nuova rivoluzione industriale, un tessuto industriale dove le imprese crescono con una dinamica che alterna cooperazione e concorrenza. Da Empoli descrive anche alcuni miti da sfatare. Uno su tutti, il più diffuso: l’intelligenza artificiale ci ruberà il lavoro? Metterla in questi termini è sbagliato. Il lavoro verrà rimodulato, cambiato, e sicuramente alcuni settori si evolveranno. Ma non scomparirà di certo: fondamentale, però, sarà ripensare la formazione. La scuola si dovrà adattare ai cambiamenti, e questo non significa tanto godere di un’abbondanza di dispositivi nelle aule (seppure utili) quanto piuttosto tramandare una forma mentis predisposta a nuovi approcci verso le tecnologie, che saranno sempre più centrali nel tessuto economico ma anche sociale.

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