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Gedi, Marco De Benedetti contro il padre: siamo gruppo leader

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Di Paolo Rubino – Marco De Benedetti ha atteso la riunione del Cda, già in programma per l’approvazione dei conti dei primi nove mesi, per far sentire la sua voce come presidente del gruppo editoriale Gedi. Lo ha fatto con una lettera a tutti i dipendenti otto giorni dopo la scelta del padre, Carlo De Benedetti, di rendere nota la sua offerta per riacquistare il controllo del gruppo (poi giudicata ‘irricevibile’ dalla holding Cir) e dopo le dure critiche espresse dall’Ingegnere sulla gestione dei figli in una intervista al Corriere.

Quanto c’è di personale resta confinato in un breve accenno: “un attacco a mio fratello Rodolfo e a me, un tema per noi doloroso”, su cui Marco De Benedetti preferisce non fare commenti. È come presidente del gruppo che, invece, sottolinea di non potersi esimere dal replicare a giudizi, sul gruppo e su come è gestito, che ritiene “infondati e gravi”. E lo fa in modo netto: “siamo molto meglio di come veniamo dipinti. Non siamo un gruppo sconquassato, non siamo un gruppo da risanare, non siamo una barca senza timoniere. Siamo un gruppo leader”.

Negli stessi momenti, dopo la diffusione dei conti approvati in cda, a Piazza Affari il titolo scende a 0,285 euro per azione avvicinandosi ai minimi toccati nei giorni scorsi: in chiusura perde il 6,09% a 0,293 euro. È lo stesso Cda, al termine della riunione, a sottolineare che Gedi mantiene oggi “una solida leadership nella stampa quotidiana, nel digitale e nelle radio, e adotta misure idonee ad affrontare il futuro, l’investimento e lo sviluppo e creare valore sostenibile”. Poi, nella sua lettera, il presidente del gruppo elenca punti di forza e tappe del percorso fatto in un settore che “da dieci anni” affronta “sfide enormi”. Sono “risultati – scrive – di cui mio padre era fiero e che restano tanto veri oggi come lo era fino a poco tempo fa, quando presiedeva il gruppo”.

Dell’Ingegnere critica anche la scelta di aver portato in pubblico il confronto sull’offerta per riprendere il controllo di Gedi dai figli invece di attendere un cda di Cir “per discuterne e addivenire ad una pacata determinazione”. Per il presidente di Gedi “una nota particolarmente dolorosa e ingiusta” è poi quella del padre in merito a Repubblica: “non è vero che la si sta distruggendo – puntualizza – al contrario stiamo registrando segnali incoraggianti come non si vedevano da anni”. E ai dipendenti, “in questa fase delicata”, chiede di “mantenere l’orgoglio di appartenere” al gruppo, riconoscendo nel loro lavoro “la miglior garanzia per l’avvenire”. E conclude: “voglio assicurarvi, da azionista, che teniamo molto a questo gruppo”; “Come dimostrato in questi anni continueremo con impegno, io, mio fratello Rodolfo e Monica Mondardini a svolgere il nostro ruolo come azionisti della società in modo da garantirle il miglior futuro”. È in perdita la chiusura dei conti dei primi nove mesi: l’impatto della cessione di Persidera, negativo per 16,9 milioni, e oneri di ristrutturazione per 3,7 milioni portano il rosso a 18,3 milioni. Al netto di questi effetti, calcola la società, il risultato sarebbe stato un utile di 2,2 milioni da confrontare con i 7,8 milioni dello stesso periodo del 2018. Intanto Gedi legge con fiducia l’andamento dei due trimestri centrali “sensibilmente migliore rispetto ai primi mesi dell’anno”.

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