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Vitigni autoctoni, produzioni sostenibili, ospitalità di charme, esperienze su misura: ecco cosa cercano i nuovi consumatori del vino. Di Federico De Cesare Viola

Dire che quello del vino italiano sia un panorama variegato è quantomeno riduttivo: siamo il Paese con il maggior numero di vitigni autoctoni al mondo. Sono circa 600 quelli certificati, più di Francia, Spagna e Grecia messe insieme. Un patrimonio di biodiversità ma anche una grande risorsa economica e turistica su cui scommettere, con intelligenza, nel corso dei prossimi anni. Dopo decenni in cui il mercato si è concentrato solo sulle varietà internazionali – in particolare merlot, cabernet e chardonnay – il nuovo millennio ha portato in dote un nuovo interesse per le uve indigene e negli ultimi anni sono proprio e soprattutto i millennial a cercare nel bicchiere caratteristiche capaci di esprimere le unicità del territorio, alternative ai gusti imperanti. Non tutti gli autoctoni, naturalmente, potranno avere il futuro luminoso di uve come il Timorasso dei Colli Tortonesi o il Nerello Mascalese sull’Etna ma è lecito aspettarsi che le ricerche e la sperimentazione che le aziende sono oggi in grado di sostenere produrranno un consolidamento della coltivazione di vitigni locali.

I consumatori più giovani sono anche quelli mediamente più attenti all’impatto del loro comportamento sull’ambiente e questa sensibilità si riflette anche nel mondo del vino: ecco perché sono tanti gli appassionati che premiano produzioni sostenibili e biologiche, cercando conferma nelle certificazioni presenti in etichetta. L’etica e la responsabilità sociale sono sempre più al centro della filosofia produttiva di tante aziende, che oggi hanno a disposizione servizi e strumenti per migliorare le proprie prestazioni: da VIVA, il disciplinare del ministero dell’Ambiente sulla sostenibilità in viticoltura che misura l’impronta ambientale ed elabora strategie di miglioramento, alla Biodiversity Alliance, certificazione in grado di valutare il livello di biodiversità raggiunto in una produzione agricola.

Aziende come Salcheto a Montepulciano, già in tempi non sospetti, hanno investito sulla sostenibilità ambientale e sociale, oltre che economica. La cantina di Michele Manelli è stata la prima al mondo a certificare la Carbon footprint di una bottiglia di vino e la prima in Italia ad aver adottato un piano di welfare per i propri dipendenti e oggi è in grado di operare in una cantina energeticamente autonoma (off-grid).

 

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di novembre.

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