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Apple, Disney, HBO, e altri stanno sfidando il predominio della società di entertainment digitale come mai prima. Ecco come l’azienda pensa di combattere (e vincere, trasformandosi) la guerra dello streaming. Articolo di Michal Lev-Ram apparso sul numero di Fortune Italia di novembre 2019.

 

LO SCORSO 4 LUGLIO Netflix ha lanciato l’attesissima terza stagione di una delle sue serie più famose, Stranger Things. Dal suo debutto nel 2016, lo show (una science fiction ambientata in una piccola cittadina dell’Indiana nei primi anni ’80, dove convivono un’adolescente con poteri telecinetici, esperimenti governativi top-secret e un portale interdimensionale) è diventato un fenomeno culturale. Per promuovere la terza serie, il gigante dello streaming ha stretto una partnership con chiunque, da Burger King (che ha lanciato il suo panino WhopperUpside Down’) alla Coca-Cola (che ha riproposto per un tempo limitato la sua ‘New Coke’, che negli anni ’80 fece fiasco) passando per la Nike (che ha lanciato una linea di sneakers e abbigliamento in stile retrò ribattezzata Hawkins High). Tutto pronto, insomma, per l’apoteosi degli amanti del binge-watching. E Stranger Things non ha deluso le attese.

Netflix non ha potuto fare a meno di gongolare un po’. L’8 luglio, l’azienda, che di solito è molto restia a dare informazioni, ha annunciato che circa 41 milioni di famiglie avevano visto in streaming almeno una parte della terza stagione nei primi quattro giorni di release, e oltre 18 milioni avevano già divorato l’intera serie. A titolo di confronto, in aprile, HBO ha dichiarato che 17,4 milioni di persone avevano visto il primo episodio della super anticipata serie finale di Game of Thrones.

Fin qui, le buone notizie.

Le cattive notizie sono arrivate nove giorni dopo, il 17 luglio, quando la società di Los Gatos, California, ha pubblicato la sua seconda trimestrale. Netflix ha rivelato di aver perso abbonati negli Usa per la prima volta in 8 anni, con circa 120mila utenti americani che hanno lasciato la piattaforma. Hanno deluso anche le crescite al di fuori degli Usa, più lente del previsto: in totale, Netflix ha aggiunto 2,7 milioni di iscritti nel trimestre, ma il dato è ben al di sotto del suo target di 5 milioni. Stando a Netflix, l’offerta di contenuti più debole sarebbe in parte la causa dei risultati. In altre parole: non c’erano stati, nei tre mesi precedenti, contenuti di successo alla stregua di Stranger Things. Le azioni sono precipitate di oltre il 10% in un solo giorno.

Per una forza inarrestabile come Netflix, un trimestre anemico difficilmente può considerarsi una crisi. Con 151 milioni di iscritti in oltre 190 paesi, l’azienda è oggi un brand globale dell’intrattenimento. Lo scorso anno i ricavi sono saliti del 35%, a 15,8 mld di dollari, posizionandolo al n. 197 della Fortune 500. E la crescita esplosiva della società – le vendite sono salite del 30%, annualmente, dal 2006 – l’ha resa un tesoro di Wall Street. Le azioni di Netflix sono salite del 4.300% negli scorsi 10 anni contro il 280% di un indice a forte connotazione tech come il Nasdaq.

Ma come dimostrano le montagne russe affrontate a luglio, a Netflix non basta più festeggiare l’occasionale successo. Per rispondere alle aspettative che si è creata, l’azienda che di fatto ha inventato il business dell’intrattenimento in streaming deve creare una serie di successi virali e dal fascino globale. Soprattutto perché Netflix sta per iniziare la battaglia più grande dei suoi 22 anni di storia.

Come mai? Perché alla fine è arrivata la guerra dello streaming. A breve, i poteri dell’establishment di Hollywood, Disney, NBCUniversal e la WarnerMedia di AT&T lanceranno tutti servizi simili a quello di Netflix. Di conseguenza, Netflix perderà una parte significativa di contenuti su cui ha potuto contare a lungo. Friends (che si sposterà sulla piattaforma di WarnerMedia) e The Office (che andrà alla NBCUniversal) sono solo due dei contenuti di alto profilo che stanno per lasciare Netflix nel prossimo futuro, e raccolgono il 5% di tutte le visualizzazioni sulla piattaforma, secondo le stime dell’analista di Wedbuch, Michael Pachter.

Secondo l’analista, la migrazione di film e serie al di fuori della piattaforma non accadrà immediatamente, ma aggiunge anche che “non è chiaro se Netflix sia in grado di sostituirli con una quantità e qualità sufficiente di contenuti che gli permetta di mantenere la sua attuale base di fedeli abbonati”. Una mossa importante per mitigare l’esodo Netflix l’ha fatta a metà settembre, quando ha annunciato un contratto di cinque anni, che inizierà a partire dal 2021, con la Sony Pictures Television per i diritti esclusivi di Seinfeld, che attualmente è sulla piattaforma di proprietà Disney, Hulu.

Un altro ricco rivale è Apple, che ha debuttato con il suo servizio di streaming Apple TV+ il primo novembre. Per garantirsi un successo iniziale, Apple ha sborsato un sacco di soldi per assicurarsi star di primo livello (Jennifer Aniston e Reese Witherspoon) come protagoniste della sua serie originale The Morning Show. I primi di settembre, la società dell’iPhone ha detto che il prezzo per Apple TV+ sarà intorno ai 4,99 dollari al mese, molto inferiore rispetto ai prezzi di tutti gli altri rivali nel campo dello streaming. Gli abbonati di Netflix negli Usa, per esempio, pagano ovunque da 8,99 a 15,99 dollari al mese. In alcuni mercati esteri, come l’India e la Malesia, Netflix sta sperimentando prezzi molto più bassi per dare l’accesso ai suoi contenuti, anche se solo tramite smartphone. Disney Plus (lancio a novembre anche in questo caso) con contenuti di Marvel, Lucasfilm e Pixar, costerà 6,99 dollari al mese.

E poi Netflix ha già dei formidabili concorrenti in Amazon e Hulu. Amazon ha oltre 100 milioni di abbonati al suo servizio Prime, che include i video e che ha avuto alcuni grandi successi tra i suoi contenuti originali, come ‘La fantastica signora Maisel’. Hulu, poi, che quest’anno ha abbassato il prezzo per l’accesso basic da 7,99 dollari a 5,99, oggi ha più di 26 milioni di abbonati paganti. Secondo alcuni dati della società eMarketer, Netflix ha una penetrazione dell’87% nel mercato dello streaming negli Usa, rispetto a circa il 53% di Amazon Prime e del 41,5% di Hulu.

Quindi, se da una parte Netflix resta il re dello streaming, dovrà combattere come non mai per difendere la sua corona. E le dinamiche della competizione stanno cambiando vertiginosamente. Il successo esplosivo di Netflix degli ultimi venti anni, da servizio di dvd via posta a colosso dell’intrattenimento, è stato spinto in primo luogo da tecnologie all’avanguardia. Dall’infrastruttura cloud che ha abilitato i suoi servizi in streaming continuo, ai motori di personalizzazione basati sui dati che fanno educate ipotesi su ciò che gli spettatori potrebbero voler guardare, l’azienda è stata sempre un passo avanti. Nonostante il fatto che Netflix creda che la sua abilità tecnologica continuerà a dargli un vantaggio competitivo, i suoi dirigenti hanno ammesso che i rivali stanno riducendo il divario.

Per vincere nella nuova era dello streaming, Netflix deve diventare brava a produrre contenuti almeno quanto è sempre stata a diffonderli.

“Mentre abbiamo certamente le nostre radici nel tech, Netflix oggi è una società di intrattenimento” ha detto Ted Sarandos, chief content officer di Netflix da lungo tempo. La nuova chiave per crescere, secondo la società, sta in una lista di serie e film imperdibili per raggiungere un pubblico sempre più globale, e per intercettare non solo nuovi iscritti a Netflix, ma anche per mantenere gli abbonati. “La nostra sfida tutti i giorni è offrire uno show senza il quale non puoi vivere, e quello show è diverso per ogni persona”, ha detto Sarandos.

Netflix dice che si sta preparando a questo momento da anni. E la prova è l’enorme spesa che la società ha intrapreso negli ultimi anni per produrre qualsiasi cosa, dal prison-drama ‘Orange Is the new black’ al film premio Oscar ‘Roma’, più una gran quantità di contenuti di nicchia. Nel 2018, la società ha investito qualcosa come 12 mld di dollari per produrre 700 contenuti originali in ogni categoria immaginabile: sceneggiati, documentari, stand-up comedy, animazione. E gli analisti si aspettano che il budget di Netflix per i contenuti salga a 15 mld quest’anno. Per finanziare tutta questa programmazione, Netflix ha preso in prestito molti soldi: attualmente sui suoi libri contabili ci sono 12,6 mld di dollari di debito a lungo termine, rispetto ai 6,5 mld di fine 2017.

Netflix crede che la sua marea di nuovi contenuti porterà vantaggi e attirerà abbonati per molto tempo. Ma il suo successo dipende dal lancio di serie che facciano scalpore tra gli spettatori. Mentre l’algoritmo di Netflix può predire la fedeltà di un abbonato con un’incredibile precisione basata su quanto tempo impiega per finire di guardare una serie, prevedere se una sceneggiatura diventerà il prossimo Stranger Things è meno scientifico. “Ci sono cose che non puoi gestire con una così grande precisione” dice Sarandos. Per affrontare la sfida, Netflix ha messo insieme un gruppo di veterani, sviluppatori di contenuti che somigliano poco al tipico gruppo di manager che siedono intorno a un tavolo della Silicon Valley. Molti di loro sono entrati in Netflix solo negli ultimi anni, pescati dall’ecosistema Hollywood. Rappresentano una vasta gamma di etnie e orientamenti sessuali, un approccio che riflette la strategia di Netflix di continuare a costruire la sua base di utenti connettendosi con segmenti di pubblico in diverse aree geografiche e categorie. Molti dei membri senior, inoltre, sono donne. Mentre Netflix entra nella guerra dello streaming, sono loro a guidare la carica.

RECENTEMENTE, IN UN MARTEDÌ SERA a West Hollywood, circa 200 fan hanno fatto irruzione in uno spazio di coworking per sole donne sopra un negozio di alimentari Sprouts per celebrare la terza stagione di Glow, una popolare serie di Netflix sulle donne wrestler. L’interno del posto sembrava una versione leggermente più adulta della camera da letto dei sogni di una ragazza adolescente: morbidi divani verde pallido, sedie color pesca e mensole da parete ordinatamente riempite di libri coordinati ai colori dell’ambiente. I partecipanti, quasi interamente donne, giravano per il locale sorseggiando vino. Le protagoniste della serie – tutte donne – e i suoi creatori, ancora donne, erano a disposizione delle fan. Durante la proiezione, qualcuno distribuiva marsupi fucsia, un ritorno all’era degli anni ‘80 in cui si svolge Glow, che sta per Gorgeous ladies of wrestling. “Non avrei potuto pensare a un posto migliore dove tenere questo incontro” ha detto Cindy Holland, vice presidente per i contenuti originali di Netflix, accogliendo la folla mentre prendeva posto. Finito il discorso, le luci si sono spente e il primo episodio della nuova stagione di Glow è apparso sullo schermo. Holland non ha fronzoli, né nell’aspetto né nella personalità. Vestita con la sua caratteristica giacca e i pantaloni scuri firmati, questa auto-definita introversa non cercava i riflettori, per quanto visibile sia diventato il suo ruolo. Holland è entrata in Netflix nel 2002, quando la società era ancora nota per le sue buste rosse, e non per serie come Glow.

 

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Gaten Matarazzo, Caleb McLaughlin, Millie Bobby Brown, Sadie Sink, Finn Wolfhard and Noah Schnapp arrive at the season three premiere of “Stranger Things” at Santa Monica High School on Friday, June 28, 2019, in Santa Monica, Calif. (Photo by Jordan Strauss/Invision/AP)

 

 

Il business dei Dvd via posta è stato lanciato nel 1997, idea dell’attuale Ceo Reed Hastings e del suo co-founder, e precedente Ceo, Marc Randolph. Allora i compiti di Sarandos e Holland erano trovare e acquisire licenze per la distribuzione di programmi in dvd, e lo facevano con un magro team di persone trapiantate da ambienti della tecnologia e dell’intrattenimento. Oggi il reparto contenuti di Netflix impiega circa 400 persone in tutto il mondo. “Quello che ho visto in lei immediatamente è che si tratta di una persona logica, capace di prendere decisioni”, dice Sarandos della prima persona che ha assunto. “E aveva anche un superpotere: Cindy poteva leggere e spiegare i meccanismi di una sceneggiatura meglio e più velocemente di chiunque conosca”.

Dieci anni dopo, anche se il business di streaming di Netflix aveva appena iniziato a espandersi, la sua leadership è riuscita ad anticipare l’eventuale sfida: a un certo punto, la società non sarebbe più stata capace di continuare a espandere la sua libreria di contenuti con licenza, almeno non a un costo ragionevole. Alla fine, i player tradizionali di Hollywood che hanno creato tutti quegli show e film avrebbero voluto tenerseli per sé. “Presto, ti saresti trovata davanti un mondo dove avere la licenza per una serie ci sarebbe costato tanto quanto produrla da noi”, dice Holland. Netflix non ha aspettato di essere costretta a crearsi i contenuti da sola. Il detonatore per arrivare ai contenuti originali è arrivato nel febbraio 2011, quando i produttori di House of Cards, un thriller politico realizzato nel Regno Unito, arrivarono da Netflix con una proposta interessante: acquistare i diritti per realizzare una versione originale della popolare serie per un pubblico americano. Netflix ha subito colto l’occasione. E la scommessa è stata vinta. L’House of Cards di Netflix, con Kevin Spacey e Robin Wright nei panni di spietati opportunisti di Washington, è stato un successo di streaming. Spacey alla fine ha lasciato lo show in seguito alle accuse di molestie sessuali avvenute in passato.

“Ci hanno visto lungo” ha detto Matt Del Piano, un agente veterano con la società di artisti Creative Artists Agency, che è stato coinvolto nell’accordo per House of Cards. Del Piano è attualmente un partner della casa di produzione Cavalry Media. “Una volta che hanno visto che cosa quello show ha fatto per loro non si sono mai più guardati indietro”.

LO SCORSO AGOSTO, NETFLIX ha annunciato che stava cancellando un programma chiamato ‘The OA’ – e il colosso tech si è trovato ad affrontare reazioni forti. Lanciato nel 2016, The OA è un dramma soprannaturale su una donna cieca scomparsa che torna nella sua famiglia suburbana in Michigan con la capacità di vedere inspiegabilmente intatta. La serie è stata costosa da girare e il pubblico relativamente contenuto. Per una rete di broadcast, la cancellazione sarebbe stata un gioco da ragazzi. Ma i fan della serie non lo hanno permesso. Hanno messo cartelloni e organizzato flash mob a Times Square. Hanno lanciato una campagna su change.org per salvare la serie, raccogliendo 80mila firme. Alcuni hanno protestato davanti agli uffici di Netflix ad Hollywood e New York. Una fan particolarmente devota, autrice tv disoccupata chiamata Emperial Young, ha fatto lo sciopero della fame dicendo che aveva bisogno più della serie The OA che del cibo.

Netflix ha cancellato ugualmente la serie. Questa storia dice due cose sull’evoluzione del modello operativo di Netflix. Prima di tutto, che l’attrazione di un pubblico di nicchia (magari non troppo di nicchia) è una cosa positiva. Secondo, Netflix sta imparando a muoversi un po’ più come uno studio tradizionale di Hollywood.

Dal momento che non dipende dalla pubblicità e che ha così tanti dati a portata di mano, può micro-segmentare il pubblico per creare programmi per un’ampia varietà di gusti. Di conseguenza, la società si è costruita la reputazione, tra artisti e spettatori, di paradiso di contenuti sconosciuti e dal cast ristretto.

“Diciamo che non ci focalizziamo troppo su quale sia la cosa migliore da mettere il martedì alle 8” dice Holland.

Il successo è misurato dai numeri delle visualizzazioni in proporzione al costo di produzione. Una serie dal budget basso che assicura una nicchia fedele di spettatori può avere un valore relativamente molto alto; una serie costosa che fallisce nel raggiungere un’audience più ampia non aggiunge nulla.

Per mantenersi sul sicuro, Netflix punta a un’audience quanto più grande possibile. E vuole sorprendere i critici e vincere premi. Ma per ogni Stranger Things, ci sono probabilmente dozzine di altri programmi che non raccolgono un grande pubblico o titoli di giornale, ma comunque generano un ritorno significativo sull’investimento. Ma non era il caso di The OA.

Netflix è sempre stata una società data-driven. Questo aspetto è sempre stato così per quanto riguarda il lato del prodotto – gli ingegneri, i designer, gli sviluppatori che lavorano dietro le scene – ed è vero oggi per il lato del contenuto. I ‘talenti a noleggio’ – come scrittori, direttori, e attori – apprezzano la libertà e la velocità con cui Netflix si muove. Dall’inizio, con House of Cards, la società ha scioccato il settore pretendendo intere stagioni piuttosto che commissionare una puntata pilota, parte del lungo processo col quale Hollywood sviluppa i programmi. Una volta che la serie è in sviluppo, non ci sono le tipiche ‘note della rete’, i feedback copiosi dei dirigenti della televisione, da soddisfare. Ma alcuni aspetti della cultura di Netflix non sono stati così ben accettati. Gli showrunner si lamentano del fatto che i riassetti dei dirigenti della società rendono difficile far riferimento a una singola persona. Ci sono così tanti progetti in corso che è difficile farsi notare, e raccogliere un budget decente.

Contrariamente alla sua immagine pubblica, Netflix ha una reputazione nel settore di essere un boss frugale, almeno nel rapporto di tutti i giorni. “Cercano sempre di risparmiare e di trovare il modo meno costoso di far le cose, anche quando non è il modo che paga di più sul lungo periodo. È davvero un posto che sembra una startup”, ha detto un autore tv che attualmente lavora su una serie di Netflix e che vuole restare anonimo.

C’è un altro tipo di taccagneria nella società che è stata presa di mira da tanti nel settore, la riluttanza di Netflix a condividere i suoi dati. La società ha un tesoro di numeri per cui Nielsen, la società di rating tv, ucciderebbe. Eppure ha storicamente tenuto nascoste queste informazioni anche alle stesse persone incaricate di creare contenuti per la sua piattaforma. Questa è un’abitudine che la società probabilmente dovrà abbandonare, specialmente quando le piattaforme concorrenti si contenderanno quelle stesse persone.

 

 

 

“Pensi che non diranno a Martin Scorsese quante persone hanno visto il suo film?” dice Del Piano, l’agente di talenti. Il film del leggendario regista, The Irishman, con un budget dichiarato di 150 mln di dollari, uscirà su Netflix a fine novembre.

Lavorare con un brand vivente come Scorsese, non è solo un valore sotto il profilo del marketing, per Netflix, ma aiuta anche a centrare una delle priorità principali del team contenuti: “come possiamo assicurarci di produrre continuamente le storie più eccitanti e avvincenti e di garantire che, come ambiente creativo, siamo il luogo in cui i cineasti vogliono venire a fare il miglior film della loro vita?” dice Lisa Nishimura, VP della sezione dedicata ai film indipendenti e ai documentari di Netflix. Sostiene che enfatizzare l’impegno artistico di Netflix, invece della sua abilità tecnologica, è la chiave per corteggiare i creatori. Nishimura è entrata in Netflix nel 2007, ed è stata portata a bordo per aiutare a costruire la biblioteca di documentari su licenza dell’azienda. Negli ultimi anni, ha guidato il passaggio dell’azienda verso ‘docuserie’ originali, come ‘Making a murderer’, e programmazione comica, come gli speciali di Dave Chappelle. La strategia di Netflix per valutare registi e scrittori è radicata nel pragmatismo. L’esplosione di servizi di streaming concorrenti significa che scrittori, attori e simili sono molto richiesti e, in questa nuova corsa agli armamenti nell’ambito della creazione di contenuti, attirare talenti è la chiave. Pagarli bene e offrire i giusti incentivi e opportunità è un must. Ma lo è anche far appello al loro senso dell’immaginazione. Due anni fa, per esempio, l’azienda ha assunto Melissa Cobb, una producer di lungo corso di DreamWorks, per costruire l’offerta dedicata ai bambini e alla famiglia. Cobb adesso ha oltre 20 serie animate in varie fasi di produzione nell’hub di Los Angeles di Netflix. “Quello che stiamo facendo è guardare a diverse tipologie di serie, e cercare di costruire un’identità di brand definita”, dice Cobb.

In certi casi, questo significa approvare progetti nati dalla pura passione. “Mi hanno portato qui per il mio compleanno e mi hanno chiesto: ‘hai un sogno che non pensi possa essere realizzato?’” dice Jorge Gutierrez, regista e animatore. “Ho risposto: ‘vorrei realizzare il Signore degli anelli con attori afroamericani’”. Gutierrez sta sviluppando ‘Maya and the Three’, una serie animata ispirata dalla mitologia mesoamericana. La protagonista della serie è una principessa guerriera che combatte per salvare l’umanità.

Riuscire ad avere il giusto equilibrio tra arte e tecnologia è stata una sfida per Netflix, specialmente quando è diventato un colosso dell’intrattenimento. Da una parte, vuole essere considerato un autentico player di Hollywood. Dall’altra considera ancora la sua base tecnologica – e la sua cultura – come un vantaggio competitivo a cui vuole rifarsi.

“Ho trascorso la mia vita nel business dell’intrattenimento”, dice Channing Dungey, precedentemente presidente della ABC Entertainment, che Netflix ha assunto all’inizio di quest’anno, “e comunque non ero abbastanza preparata a Netflix e all’integrazione delle serie che produciamo con la piattaforma sulla quale vivono”.

Accalappiare Dungey, ora vicepresidente delle ‘original series’ di Netflix, è stato un colpaccio per l’azienda: ha trascorso 15 anni nella ABC della Disney e ha lavorato con producer come Shonda Rhimes, creatrice di successi della Tv come Grey’s Anatomy e dello spin-off Private Practice, e che ora collabora con Netflix. Ma l’iniziazione di Dungey nella società sottolinea anche alcuni dei problemi sempre più numerosi che Netflix sta affrontando nel suo passaggio dall’essere un’azienda guidata dalle tecnologie a una società che mette al primo posto i contenuti creativi. Il primo giorno di lavoro, non riusciva nemmeno a capire il gergo. “C’erano così tanti acronimi” dice ridendo.

Ma le differenze tra Netflix e i player tradizionali di Hollywood non si esauriscono al gergo. L’azienda basata nella Silicon Valley è sempre stata orgogliosa di essere agile e di muoversi rapidamente. Ma il suo stile organizzativo relativamente piatto si è rivelato scivoloso, dal momento in cui ha iniziato a gestire centinaia di progetti diversi in diversi paesi. Quindi, per una volta, Netflix sta prendendo spunto da Hollywood: a volte i procedimenti tradizionali possono essere utili. “Stiamo facendo un po’ più di sviluppo ora” dice Dungey, riferendosi al metodo utilizzato dalle reti televisive per valutare e modellare i programmi prima di impegnarsi completamente. “Ci dà un po’ più di libertà nel poter dire ‘sì, era un’ottima idea, ma non è andata proprio come volevamo, quindi non lo faremo’”.

SALMA HAYEK È RAGGIANTE, anche con il jetlag. L’attrice, autrice e produttrice ha volato fino a Mexico City da Londra per un incontro con la stampa di una giornata per promuovere il suo nuovo show ‘Monarca’. Hayek, che ha iniziato facendo l’attrice in una telenovela in Messico, dov’è nata, non recita nella serie, che si concentra sulle complicate dinamiche all’interno di una famiglia in cima a un impero della tequila. Ma l’ha realizzata la sua società di produzione, Ventanarosa. Originariamente Hayek aveva venduto la serie alla ABC. Aveva raggiunto la fase di sviluppo, ma alla fine non se n’è più fatto nulla. La sua società di produzione allora ha ricomprato i diritti e l’ha infine proposta a Netflix. “Hanno amato la struttura” dice Hayek, visibilmente orgogliosa. La stella che è in lei esce quando parla di Monarca. Indossando un top di raso cremisi che si abbina al suo rossetto, con sotto un abito verde menta, e con i suoi capelli scuri perfettamente pettinati, Hayek non sembra una appena scesa dall’aereo. “L’abbiamo realizzata completamente in Messico e tutta in spagnolo” dice Hayek. “Questa serie sarà vista in oltre 190 Paesi in tutto il mondo. Tutti possono riconoscersi nel potere e nella corruzione, nel dramma famigliare, nei temi della sessualità e della genitorialità”. Infatti, Netflix ha dichiarato che la sua strategia non è quella di ‘americanizzare’ il contenuto per un pubblico globale. Piuttosto, sta tentando di sviluppare degli show adatti a singole regioni, alcuni dei quali piaceranno anche a un mercato più ampio perché le storie toccano temi universali.

“Ovviamente siamo una piattaforma globale, e ogni serie verrà lanciata ovunque, nello stesso momento” dice Bela Bajaria, a capo della programmazione originale in lingua straniera di Netflix. “Ma quando entriamo in un Paese, tutto gira intorno allo storytelling: un creatore con un punto di vista di uno specifico paese”.

Bajaria, che prima era a capo della Universal Television, è arrivata a Netflix tre anni fa. La manager di lunga data dell’industria dell’intrattenimento discende dagli Indios, è nata a Londra, ha vissuto in Zambia, e si è trasferita negli Usa a nove anni. Dice che l’obiettivo di Netflix è fare appello a un pubblico sempre più mondiale con una lista di programmi sempre più globale. La chiave per farlo, è avere persone sul campo a presidio degli snodi dell’intrattenimento in tutto il mondo, non solo ad Hollywood. Netflix oggi ha hub di produzione a Londra, Madrid e Toronto, e ‘content teams’ in diversi mercati, incluso il Messico.

Sfornare colpi all’estero non è solo un orpello; è una necessità. La maggior parte della base degli utenti di Netflix oggi è al di fuori degli Usa, e la stragrande maggioranza della sua crescita oggi proviene dai mercati esteri. Mentre la società ha quasi saturato il mercato degli Stati Uniti, la sua impronta sempre più globale le dà spazio per crescere. Ed è anche un test di prova che gli consente di sperimentare in modalità che non sono possibili quando si rivolge solo agli spettatori statunitensi.

Il 20 settembre Netflix ha lanciato un giallo chiamato ‘Criminal’ che è stato proposto in diverse versioni, ognuna realizzata per un paese specifico, Francia, Spagna, Germania e Regno Unito. La serie non ha semplicemente lo stesso copione tradotto in diverse lingue. Mantiene la stessa struttura (tre episodi, ognuno con un’ora di interrogatorio della polizia) ma con attori diversi e locali, e scenari culturali creati appositamente. Tutte e quattro le versioni sono disponibili in tutti i mercati Netflix. Questo significa che uno spettatore nel Regno Unito può guardare la versione francese, e magari apprezzarla più di quella inglese. Il modello, qualora funzionasse, è molto attraente per Netflix. Poiché la maggior parte delle reti televisive statunitensi non dispone di solidi canali di distribuzione in altri Paesi, queste devono concedere in licenza il loro contenuto a reti esistenti in altre regioni. Ma Netflix controlla una linea globale in oltre 190 Paesi.

“Se possono creare un contenuto e renderlo globale, ciò rende il tutto molto più scalabile” dice Mark Mahaney, un analista di RBC Capital Markets, che è fiducioso sulle prospettive di Netflix.

Naturalmente, scalare un contenuto a livello globale richiede non solo di colmare le lacune culturali ma anche di non commettere errori con la lingua. E non è sempre così semplice come potrebbe sembrare.

Nello showbusinesssubs and dubs’ stanno per sottotitoli e doppiaggio, i due metodi con i quali un dialogo è tradotto per un pubblico globale. Netflix li offre entrambi ai suoi utenti, e ogni programma che va in onda sulla piattaforma è disponibile doppiato in 10 lingue e sottotitolato in oltre 20. Nella maggior parte del mondo al di fuori degli Usa il doppiaggio è l’opzione preferita. Ma è un’arte che è difficile da perfezionare, e molto difficile da scalare. Netflix ha dichiarato che ha un gruppo per le “operazioni sui contenuti” che cerca metodi innovativi per affrontare la sfida del doppiaggio e dei sottotitoli. Ma è improbabile che esista una soluzione ‘da ingegneri’. “Non c’è una soluzione tecnologica semplice per questo problema”, afferma Bajaria. Come gran parte di ciò che Netflix sta facendo, è più arte che scienza.


Va ora in onda: la guerra dello streaming. Netflix è il nome più grande nel settore dello streaming. I suoi servizi raggiungono oltre 151 milioni di abbonati globalmente. Ma la società della Silicon Valley sta affrontando una nuova onda di competitor sia negli Usa sia all’estero, dov’è cresciuta molto velocemente negli ultimi anni

Attuali rivali Usa

Amazon Prime Video

A partire da: 8,99 $

Il negozio dove si può trovare tutto ha iniziato a offrire serie TV e film ai suoi clienti nel 2006. Oggi sviluppa anche serie originali ed ha avuto alcune hit, come ‘La fantastica signora Maisel

CBS All Access

A partire da: 5,99 $

Se volete fare binge-watching con gli episodi di NCIS, questa è la scelta per voi. Il servizio di streaming della rete ha un catalogo enorme di serie attuali e passate, con un plus di live news e la partite della NFL

Hulu

A partire da: 5,99 $

Per Hulu è stata una corsa accidentata, la joint venture fondata da tre delle quattro grandi reti TV e ora a maggioranza Disney. Ma il servizio streaming ha ricevuto il plauso della critica per una serie di recenti contenuti originali di successo come The Handmaid’s Tale

In arrivo

Apple TV +

A partire da: 4,99 $

Il prezzo è molto attraente, ma è una scommessa costosa per Apple: sembra che per lanciarla con il botto, la casa produttrice dell’iPhone stia pagando 300 mln di dollari per due stagioni della serie originale The Morning Show, con Jennifer Aniston e Reese Witherspoon

Disney Plus

A partire da: 6,99 $

Quando si parla di franchise costosi, nessuno può competere con Disney. Il suo attesissimo servizio di streaming includerà contenuti esclusivi da Marvel, Pixar, Lucasfilm, e altri

HBO Max

A partire da: N.A.

Secondo le indiscrezioni non sarà economico, ma il piano dalla WarnerMedia, divisione AT&T, includerà Friends, e in più tutti i contenuti dalle reti da binge-watching come HBO

NBCUniversal

A partire da: N.A.

Si pensa che il nuovo servizio di streaming della NBC Universal non arriverà prima del prossimo anno, ma la Comcast ha alte aspettative per il servizio: con il calo degli abbonamenti c’è l’opportunità per il gigante della TV via cavo di rimanere rilevante

Le sfide fuori degli USA

BritBox

A partire da: 6,99 $

La joint venture tra la BBC Studios e la ITV è già attiva negli Usa e in Canada, e verrà lanciata nel Regno Unito entro quest’anno. I proprietari sperano che sia l’approdo a meta di nuovi show britannici e grandi successi come Fawlty Towers

Hotstar

A partire da: 9,99 $

Interamente di proprietà della Disney, Hotstar afferma di essere la più grande piattaforma di streaming dell’India, con film in 17 dialetti, oltre a partite di cricket e altre programmazioni imperdibili per il mercato indiano

Salto

A partire da: N.A.

I francesi si sono uniti per combattere la crescente popolarità di Netflix nel mercato transalpino. La joint venture fra i tre principali network del Paese verrà lanciata il prossimo anno

 

 

Articolo di Michal Lev-Ram apparso sul numero di Fortune Italia di novembre 2019.

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