L’Italia è indietro rispetto a Francia e Germania ma conferma le tendenze europee: le imprese familiari funzionano e sono pronte ad affrontare le sfide future.
La versione completa di questo articolo, a firma di Alessandro Pulcini, è disponibile sul numero di Fortune Italia di febbraio.
Analizzando realtà che per definizione devono coniugare innovazione e tradizione, ci si potrebbe aspettare già in partenza di ottenere risultati contrastanti. E i dati sulle imprese familiari, effettivamente, sembrano andare in direzioni differenti. Evidenziano come quelle italiane registrino performance migliori delle altre, ma testimoniano anche un gap profondo, in termini di dimensioni, ricchezza e capacità d’investimento, con le dinastie di altre nazioni. Oppure sottolineano la capacità delle famiglie di adattarsi ai cambiamenti, da una parte, e la tendenza ad affidarsi a manager esterni, dall’altra. I numeri, però, lasciano anche qualche certezza: le imprese familiari italiane surclassano le altre in termini di ricavi, cresciuti 12 punti in più rispetto a quelli delle non familiari; insieme alle grandi famiglie europee, sono pronte ad affrontare le sfide future; piacciono, tanto, alla Borsa.
Italia, Francia e Germania
Tra i dati più interessanti dell’undicesimo rapporto dell’Osservatorio Aub (Aidaf, Unicredit, Bocconi), ‘Le imprese familiari e il mondo’, ci sono quelli che emergono confrontando le prime 500 aziende italiane per fatturato con quelle di altre due locomotive europee, Francia e Germania. Di queste, in Italia, 205 (il 41%) sono familiari, contro le 119 francesi (23,8%) e le 176 tedesche (35,2%). Queste imprese familiari italiane, però, hanno profitti totali inferiori rispetto agli altri: portano a casa solo 335,3 mld di euro, quelle tedesche invece 1.146, e quelle francesi 568,7. Rapporti di forza che rispettano, d’altronde, quelli che riguardano anche le aziende non familiari. Tutte insieme, infatti, le prime 500 aziende tedesche e francesi valgono una cifra pari o superiore al Pil nazionale. Quelle italiane corrispondono circa al 60% del Pil.
La versione completa di questo articolo, a firma di Alessandro Pulcini, è disponibile sul numero di Fortune Italia di febbraio.
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