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Whirlpool, la denuncia: “scaricati i lavoratori”

La chiusura, il 31 ottobre, i nuovi potenziali acquirenti, la resa del Governo, la disperazione di 350 dipendenti. La vicenda Whirlpool, stabilimento di Napoli Est destinato alla chiusura in autunno per il disimpegno della multinazionale americana delle lavatrici di alta gamma, intenzionata a fare affari in Cina, produce incontri, tavoli ministeriali, petizioni, accuse, polemiche.

Senza risultati per i dipendenti, che a poche settimane dalla perdita di lavoro, dopo svariati mesi in cassa integrazione, non hanno creduto all’ipotesi di nuovi investitori per evitare il lucchetto ai cancelli, emersa dal tavolo tecnico al Ministero dello Sviluppo Economico, con Invitalia, varie sigle sindacali e rappresentanti dei dipendenti.

Una nuova puntata, dopo cinque mesi senza incontri tra le parti, complice il lockdown, che non fa altro che avvicinare la fine della produzione di lavatrici nella capitale del Meridione. L’accordo tra Whirlpool e il Governo di due anni fa, i 250 milioni da investire in tre anni nei siti produttivi italiani in cambio di sgravi fiscali e ammortizzatori sociali è ormai materiale per le rassegne stampa. Il Mise promette novità, di concerto con Invitalia, entro il 31 luglio, tra le perplessità di forza lavoro e sindacati.

“Il governo sta scaricando Napoli dopo un anno di lotta. Dopo promesse fatte e un accordo quadro stracciato — spiega il segretario generale della Uilm Campania, Antonio Accurso — abbiamo ancora nelle orecchie le parole del ministro Luigi Di Maio che prometteva sanzioni e strumenti per impedire il disimpegno di Whirlpool. Oggi invece il suo successore Stefano Patuanelli si dimostra impotente e non riesce a contrastare le decisioni della multinazionale. Ci viene detto di potenziali investitori che però non avrebbero la forza economica per assorbire i dipendenti, quindi si dovrebbe procedere all’unione di più investitori per una reindustrializzazione, sennò i dipendenti sarebbero suddivisi per gruppetti tra varie aziende. Una soluzione irricevibile”.

Dunque, nessuna soluzione in vista e operai destinati alla disoccupazione nell’autunno forse più complicato per l’Italia dal Dopoguerra, con le conseguenze del lockdown su imprese e lavoratori. “Sarà curioso capire se dopo la chiusura di Napoli il Governo assicurerà la cassa integrazione ancora a Whirlpool per gli altri stabilimenti in Italia, si sosterrà una multinazionale che ha deciso di venire meno a un accordo quadro, delocalizzando in Cina?”.

La Regione Campania ha promesso un sostegno da 20 milioni di euro a Whirpool, se l’azienda non lasciasse Napoli a fine ottobre. “La Regione ovviamente vuol vederci chiaro, si parla di reindustrializzazione, ci lascia invece increduli il dietrofront del Governo, la sua debolezza mostrata a Whirlpool: non ci si rende conto che sarà solo la prima multinazionale in fuga, poi ci sarà la fila”.

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