Enrico Letta alla guida del Pd è una buona notizia. Per tutti, fuori e dentro il partito. Prima di tutto per il valore della persona, indiscutibile. Parlano per lui la storia, il percorso e le scelte. Inutile soffermarsi oltre sul suo profilo. È una buona notizia perché uno dei principali partiti ha scelto, forse in uno dei momenti più bassi della sua storia, di non fare una scelta conservativa ma di optare per un nome che possa tornare a costruire qualcosa.
Anche il governo Draghi, e il Paese, hanno tutto l’interesse perché una delle principali forze politiche possa trovare stabilità e non logorarsi in una lotta per bande. La situazione che stiamo vivendo, complicatissima da tutti i punti di vista, ha bisogno della massima assunzione di responsabilità da parte di tutti. E le leadership dei singoli partiti devono contribuire.
Vale per quelli riportati in primo piano dall’esperienza Draghi, Lega e Forza Italia, per l’unico soggetto di peso all’opposizione, Fratelli d’Italia, e vale per Cinquestelle e Pd, le due forze politiche che dalla chiusura della stagione Conte hanno ricevuto il contraccolpo maggiore.
Il compito che aspetta Letta è tutt’altro che semplice. E come ogni leader avrà bisogno di costruire consenso intorno alla sua proposta. L’assemblea di domenica rappresenterà il primo banco di prova. Ma la partita vera si giocherà dopo, quando le istanze delle correnti, e i loro interessi, dovranno trovare una sintesi in una proposta politica che sia riconoscibile dagli elettori e utile prima alla gestione dell’emergenza e poi al rilancio del Paese.
Le parole che ha scelto Letta per annunciare di accettare la proposta di diventare segretario del Pd mostrano la consapevolezza del passo che sta compiendo. Poi dovranno arrivare i fatti concreti.
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— Enrico Letta (@EnricoLetta) March 12, 2021
