NF24
Cerca
Close this search box.

Il peso della burocrazia sulle imprese italiane

burocrazia pubblica amministrazione

Semplificazione, digitalizzazione e nuove competenze. Sono queste le parole chiave che emergono dall’analisi fatta da Deloitte sul rapporto tra Pubblica amministrazione italiana e imprese, e su come migliorarlo. La burocrazia, che per le imprese italiane ha un prezzo da 57 mld di euro, secondo il report, è l’ostacolo principale. “Riformare la burocrazia è una priorità assoluta per l’Italia ed è anche una condizione imprescindibile perché le risorse del NextGenEu diano i frutti sperati nei prossimi anni”, dice Fabio Pompei, Ceo di Deloitte Italia, nel presentare il policy paper.

Dalla Valle d’Aosta fino alla Sicilia tutte le regioni italiane dimostrano livelli di efficienza della Pubblica Amministrazione inferiori al livello medio dei Paesi dell’Unione Europea. Le criticità più marcate sono al Sud, dove il peso della burocrazia sottrae fino a 100 giorni all’anno al lavoro in azienda. A questo si aggiunge che gli imprenditori del Mezzogiorno fornitori di beni e servizi alla Pa devono aspettare in media 17 giorni in più rispetto ai colleghi del Centro Nord prima di ricevere i pagamenti. In più le varie inefficienze scoraggiano l’avvio di nuove attività.

Al contrario, le regioni in cui la gestione della macchina pubblica funziona meglio sono Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, che “negli ultimi anni hanno portato avanti iniziative di semplificazione”, spiega Guido Borsani, Government & Public Services Industry Leader. Nonostante questo, però, rimangono ancora al di sotto del livello di efficienza media Ue.

Per migliorare in funzionalità Deloitte propone cinque strategie. La prima è cambiare l’approccio decisionale per prevedere i possibili effetti di ogni azione sulla complessità amministrativa percepita dalle imprese. Altro punto centrale semplificare gli strumenti di erogazione di servizi pubblici. A questo si connette la terza strada da seguire, cioè quella di una migliore collaborazione tra le diverse istituzioni. Infine quarto e quinto punto ottimizzare il rapporto tra le imprese e la Pa e pensare un sistema di norme più strutturato.

In questo senso il Decreto Semplificazioni, emanato dal governo Conte, è intervenuto sulle responsabilità del funzionario pubblico, rendendo più rischiosa l’inerzia rispetto all’azione. Secondo Pierdomenico Zaffino, coordinatore del report “è necessario un ulteriore passaggio organizzativo: l’adozione di un sistema che premi comportamenti virtuosi delle Amministrazioni e dei singoli funzionari pubblici”.

Secondo lo stesso Zaffino il ricambio generazionale nei prossimi anni darà nuove possibilità. Ad esempio, per quanto riguarda la digitalizzazione si potrà ottimizzare sia i sistemi che interagiscono col pubblico sia quelli con cui operano i funzionari. “Inoltre, è di fondamentale importanza preparare la nuova classe dirigente su innovazioni e temi emergenti come cyber security, AI, blockchain, digital transformation”.

Per quanto riguarda i numeri, stando a Deloitte, la Pubblica amministrazione conta in totale circa 10.500 istituzioni, molte delle quali hanno competenze che tendono ad accavallarsi. Solo l’1,7% degli organi burocratici è centralizzato, mentre il rimanente circa 98% è sparpagliato in organi locali. Un vero e proprio labirinto che costringerebbe ogni impresa a spendere in termini di tempo fino a 1200 ore in iter amministrativi. Oltre 57 mld di euro, invece, la stima del costo totale annuale della burocrazia per le imprese italiane.

Dallo studio emerge anche che sui circa 3 milioni di dipendenti pubblici la distribuzione in termini di anzianità di servizio ed età descrive una macchina amministrativa che richiede nuovi avvicendamenti, soprattutto per quanto riguarda le istituzioni che esercitano funzioni centrali. Infatti in queste unità l’età media dei dipendenti pubblici è di circa 55 anni.

Alla scarsa presenza giovanile si aggiunge circa il 60% dei dipendenti senza una laurea e un basso livello delle competenze digitali.

Il cambio di rotta non serve solo alla pubblica amministrazione ma anche alle imprese. Infatti circa il 95% delle attività italiane sono microimprese. Inoltre i manager aziendali italiani tendono a essere più anziani della media europea: il 54% ha superato i 60 anni e il 28% è over 70. Ovviamente devono essere visti i singoli casi, ma questi numeri rischiano di essere un freno per gli investimenti in innovazione e digitalizzazione.

Nella classifica del DESI Index 2020, che misura la competitività digitale dei Paesi Ue, l’Italia si posiziona al 22esimo posto su 28 paesi, decisamente al di sotto della media. Infatti ad oggi solo il 10% delle nostre aziende si è costruita una presenza on-line e può competere sul fronte della digitalizzazione.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.