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Bitcoin e criptovalute, il pugno duro della Cina e l’esodo dei ‘minatori’

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Di Yvonne Lau – La rinnovata campagna cinese contro le criptovalute sta costringendo gli operatori del mining e dello scambio di monete virtuali, come ad esempio il Bitcoin, a ritirarsi dal Paese.

Venerdì, il vice premier cinese Liu He ha chiesto una repressione “severa” e la punizione delle “attività azionarie illegali”, tra cui l’estrazione e il trading di criptovalute per – come ha detto – arginarne i rischi e garantire la stabilità finanziaria. La dichiarazione ha fatto precipitare i prezzi delle criptovalute durante il fine settimana e ha spinto diversi exchange e diversi operatori di mining di criptovalute a interrompere le loro attività in Cina.

Huobi, la seconda piattaforma di scambio di criptovalute al mondo per dimensioni, ha dichiarato domenica di aver sospeso i servizi di hosting di attività di mining e la vendita di macchine per il mining in tutta la Cina, secondo Coindesk.

BTC.TOP, un ‘pool’ di mining che consente a gruppi coordinati di lavorare insieme per estrarre monete, ha annunciato un ritiro dal mercato cinese, citando preoccupazioni sulle regolamentazioni.

L’operatore mining HashCow ha indicato che sospenderà nuove attività in Cina e interromperà l’acquisto di nuove piattaforme per il mining, secondo quanto riportato da Reuters.

La dichiarazione di venerdì ha confermato la posizione anti-criptovaluta di Pechino, e rischia di infliggere un duro colpo al mining delle criptovalute in tutto il mondo. Secondo una nuova ricerca pubblicata da Nature Communications, per quanto riguarda il solo Bitcoin i miner cinesi rappresentano il 75% dell’hash rate mondiale (ovvero la potenza di calcolo totale utilizzata per estrarre ed elaborare transazioni crittografiche) dato la facilità con cui in Cina si ottiene l’hardware specializzato necessario ed elettricità a basso costo.

La notizia ha provocato una svendita di criptovalute e l’esodo degli operatori dalla Cina, ma gli esperti sostengono che una nuova ordinanza del genere non causerebbe un’interruzione a lungo termine: le operazioni del mining si sposteranno semplicemente altrove.

Mining di criptovalute e Bitcoin: l’esodo dalla Cina

Secondo la dichiarazione di Huobi, l’azienda con sede alle Seychelles sospenderà i servizi di hosting delle ‘miniere’ di criptovalute per i suoi clienti in Cina. È l’ottavo pool di mining più grande al mondo e contribuisce al 4% dell’hash rate Bitcoin del mondo, secondo BTC.com, un sito che tiene traccia dei dati del pool di mining globali.

Huobi sta inoltre bloccando temporaneamente alcuni prodotti in alcuni mercati, inclusi i contratti futures e altri investimenti con leva finanziaria per “proteggere gli investitori” dai cambiamenti di mercato.

Sebbene la società non abbia specificato quali Paesi sarebbero interessati, Decrypt ha osservato che la Cina è l’unico paese in cui i commercianti hanno segnalato restrizioni.

Huobi ha rifiutato di rivelare ulteriori informazioni a Fortune, e ha citato i suoi piani per l’espansione a livello globale di ‘Huobi Pool’ – le sue operazioni minerarie – come ragione per la sospensione dei “servizi per i nuovi utenti nella Cina continentale”.

Secondo Coindesk, la società smetterà anche di vendere macchine per il mining di criptovalute in Cina e porterà i suoi affari altrove.

Jiang Zhuoer, fondatore di BTC.TOP, afferma che anche la sua azienda si sta guardando intorno fuori dalla Cina, dopo l’annuncio di venerdì. Scrivendo su Weibo, Jiang ha detto che le attività del mining, compresa la sua, finiranno per spostarsi in Nord America. Prevede che le piattaforme del mining prodotte in Cina saranno vendute principalmente all’estero nel lungo periodo.

La società di mining di criptovalute HashCow, che possiede 10 impianti in province cinesi come Sichuan e Xinjiang, ha scritto in una nota per i clienti che sospenderà nuove attività in Cina e smetterà di acquistare nuovi impianti Bitcoin, secondo Reuters. HashCow non ha replicato alla richiesta di commento di Fortune.

Nel frattempo OKEx, uno dei primi dieci exchange di criptovalute a livello mondiale, ha limitato i suoi servizi per gli utenti cinesi, rimuovendo temporaneamente il suo token ‘OKB’ dalla sua piattaforma peer-to-peer, scrive Decrypt. OKEx non ha risposto alla richiesta di commento di Fortune.

Le varie risposte dei principali attori del mercato indicano che potrebbero “voler aspettare che il polverone passi prima di decidere quale direzione prendere”, afferma Justin d’Anethan, responsabile delle vendite in borsa presso Diginex, una società finanziaria e tecnologica blockchain.

Le posizioni di Pechino sulle criptovalute e sul Bitcoin

La Cina ha indicato per la prima volta la sua posizione anti-criptovaluta nel 2013, quando ha vietato alle istituzioni finanziarie di gestire le transazioni Bitcoin. Nel 2017, la Banca centrale cinese ha messo al bando le offerte di monete iniziali, o ICO, e i funzionari hanno denunciato il costo ambientale dell’estrazione di criptovalute, che è ad alta intensità energetica e spesso alimentata dal carbone. Ad aprile, la provincia cinese della Mongolia interna ha messo fuori legge l’estrazione di Bitcoin, costringendo gli operatori minerari a spargersi per altre regioni in Cina e all’estero.

Nelle ultime settimane, le autorità cinesi si sono concentrate sulla regolamentazione, ritenendo il giro di vite sulle criptovalute una mossa necessaria, utile a scongiurare rischi finanziari e proteggere gli investitori. Il 18 maggio Pechino ha annunciato nuove regole che vietano agli istituti finanziari e alle società di pagamento di fornire servizi relativi alle valute digitali. Poi, venerdì, ha rilasciato la sua ultima dichiarazione contro le operazioni di mining e trading.

Mentre cerca di mettere un freno alle criptovalute, la Cina sta promuovendo il proprio yuan digitale, che Pechino vede come un potente strumento per monitorare la spesa e come possibile sfidante allo status del dollaro USA come valuta preferita al mondo.

L’ultimo ciclo di azioni normative da Pechino “mostra una tendenza continua a un’azione più forte del governo e una seria considerazione da parte delle autorità di regolamentazione”, dice d’Anethan. Tali azioni significano che i mercati delle criptovalute ancora nascenti stanno “avendo sempre più problemi”. Ma a lungo termine, potrebbero far sentire a proprio agio gli attori istituzionali più grandi a entrare in Cina, sapendo di operare in uno spazio regolamentato e legale.

Prevede che i minatori ‘cacciati’ dalla decisione di venerdì si trasferiranno nelle regioni vicine, tra cui Kazakistan e Afghanistan. Jiang di BTC.TOP è d’accordo: “L’attuale situazione del mining del Bitcoin non è così grave come tutti pensano”. Jiang afferma che le ‘miniere’ potrebbero essere le maggiori vittime della nuova azione di Pechino, ma considera il regolamento insignificante per i singoli miners e gli investitori.

I mercati resisteranno a prescindere, afferma d’Anethan. “Il resto della rete di minatori, esclusa la Cina, deve rallegrarsi, poiché queste decisioni indeboliscono la concorrenza cinese”.

 

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