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Il prossimo problema delle big tech: l’acqua

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Di David LynchL’impegno promesso dalle bigh tech come Facebook, Google e Microsoft a fornire più acqua di quella che consumano entro i prossimi quindici anni ha raccolto parecchio scetticismo (anche da me). Il motivo: le società private sono vincolate ad azionisti, consigli di amministrazione, profitti e clienti – non agli ‘impegni’.

Ai giganti della tecnologia serve un’enorme quantità di acqua per mantenere fredda la temperatura dei grandi server all’interno dei grandi centri di elaborazione dati. È un elemento fondamentale del backend di Internet e il nucleo del modello di business adottato da ogni grande azienda. Alcuni titani del settore tech, come Elon Musk, dicono che, semplicemente, è il costo dell’innovazione. Indipendentemente dall’ampio spettro di posizioni dei singoli dirigenti circa la conservazione dell’acqua, le aziende tech globali, così come altre organizzazioni che puntano all’efficienza idrica come 3M e Pepsi, dovranno dimostrarsi creative per riuscire a trasformare gli impegni assunti da superficiali attività di pubbliche relazioni a progressi realmente significativi.

Gestire un’attività online globale, potenziare le ricerche e gli acquisti dei consumatori e connettere gli utenti richiede banda larga. E c’è bisogno anche di una attività di backend che, riscaldando i server fisici, richiede miliardi di litri d’acqua per mantenerli ad una temperatura adatta nei numerosi data center sparsi per il mondo.

Nonostante quel po’ di creatività mostrata da Microsoft sul fronte legacy della costruzione di centri di raccolta data, la diminuzione del fabbisogno idrico per il business digitale sarà una faticosa sfida per tutte quelle aziende che vogliono essere water-positive ma, allo stesso tempo, crescere senza sosta.

Un esempio pratico: solo nel 2019, Google ha potuto sfruttare 8,7 miliardi di litri di acqua da utilizzare in tre data center situati in America (su 21 centri operativi in totale). Facebook nel 2020 ha prelevato circa 3,7 milioni di metri cubi di acqua, la maggior parte destinata a raffreddare i data center e persa per evaporazione.

Più importante dei data center

Raggiungere un futuro sostenibile per l’acqua comporta un necessario cambio di rotta nel modo in cui le aziende, le operazioni, i centri di distribuzione, le catene di approvvigionamento, gli uffici e le interazioni con i consumatori attingono alla fornitura idrica globale.

Per i giganti tech come Facebook, che oltre a proclamare i suoi impegni sul fronte acqua è impegnato nella costruzione di un impianto solare da 800 milioni di dollari in Arizona, questo si tradurrà probabilmente in più leggi e regolamenti messi in atto per proteggere il diritto della comunità all’acqua potabile. E questo può considerarsi un progresso.

Il futuro porta con sé anche la necessità di andare oltre la sola questione dell’acqua potabile per mantenere la fiducia degli stakeholder, attirare consumatori consapevoli e conservare in maniera responsabile le risorse idriche limitate del pianeta.

Silvia Lee, di Facebook, ha delineato alcuni dei passi concreti mossi negli ultimi anni dall’azienda per ridurre l’utilizzo dell’acqua nei campus di tutto il mondo, tra cui l’installazione di impianti idraulici efficienti, la raccolta dell’acqua piovana e il prelievo delle acque reflue trattate per usi non potabili, nonché la costruzione di impianti a basso consumo idrico che riducono il fabbisogno di irrigazione.

Questo è sicuramente un inizio promettente, ma avremo bisogno degli sforzi di ogni azienda per raggiungere un futuro water-positive o per investire nella gestione dell’acqua portare avanti il lavoro finora svolto.

Al di là delle promesse

Più saranno le aziende che si impegneranno nella gestione dell’acqua o nella water positivity, maggiore sarà l’attenzione che stakeholder e consumatori presteranno al rispetto di queste promesse. I consigli di amministrazione, gli investitori e tutte le altre parti interessate aumenteranno la pressione sulle aziende affinché si impegnino in questa direzione e riferiscano in modo trasparente sui progressi. I consumatori consapevoli, prima concentrati sull’impronta di carbonio e gli impatti ambientali, aggiungeranno l’uso e il rifornimento di acqua ai criteri che guidano le loro decisioni di acquisto.

È dimostrato che la pandemia globale abbia dato una spinta a questa tendenza, accelerandone e allargandone la diffusione. Uno studio condotto da Accenture ha evidenziato che il 66% dei consumatori, attualmente, presta grande attenzione, nello shopping, alla sostenibilità dei propri acquisti.

In ogni caso, i bilanci finali delle aziende, le normative e le preferenze dei consumatori globali ne saranno influenzate. È nel migliore interesse delle aziende lungimiranti impegnarsi tempestivamente a lavorare per un approccio efficiente e sostenibile all’acqua.

Nonostante questi propositi sembrino e suonino nobili, gli scettici continueranno a pensare che per realizzare queste grandi promesse sarà necessaria una buona combinazione di duro lavoro, investimenti, creatività, trasparenza e responsabilità che va ben oltre le sale dei consigli d’amministrazione.

Ci sono poi una serie di ulteriori conseguenze sia dell’azione che dell’inazione, da considerare. Ad esempio, molti dipendenti delle aziende tech statunitensi lavorano, in Stati come la California o l’Arizona, in comunità a corto d’acqua. Gli uffici dei campus sono costruiti in aree soggette a inondazioni, siccità o ad una combinazione di fattori comunque legati ad un rischio idrico. Queste sono tutte questioni urgenti, a cui i giganti tech non possono far fronte da soli. Al contrario, solo con un approccio multisettoriale e completo si potranno trovare delle soluzioni reali.

I passi del settore privato verso la water positivity hanno il potenziale per trasformarsi in un vero e proprio sforzo mondiale. La speranza è che i grandi nomi della tecnologia e le grandi aziende non si limitino a fare della gestione dell’acqua una banale strategia di pubbliche relazioni per pompare la reputazione aziendale, ma che la rendano un focus realmente globale e una delle principali questioni da affrontare, nel prossimo futuro, per tutte le realtà aziendali.

Personalmente, spero anche che il settore pubblico renda prioritaria l’introduzione di regolamenti che spingano le organizzazioni a unirsi nella lotta per un futuro idro-sostenibile e che siano i migliori esperti, le autorità idriche locali e le utility ad avere l’ultima parola sulla questione. Siamo giunti a un momento decisivo tanto per le aziende quanto per l’umanità.

David Lynch, Amministratore delegato di Klir, con sede a Reno, in Nevada.

 

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