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Twitter, ecco perché Dorsey ha fatto un passo indietro

Un megafono politico. E un gancio, un link che apre sul mondo. Centoquaranta caratteri, poi divenuti 280: Jack Dorsey, dimessosi ieri dalla carica di Ceo di Twitter con effetto immediato, è stato un visionario che ha scritto un pezzo di rivoluzione, non solo nel tech. Twitter ha cambiato radicalmente il modo di comunicare, tranciando ogni tipo di mediazione tra gli utenti, rivedendo in pillole il format della politica e dell’informazione. Dal profilo di Barack Obama, che resta il più seguito sulla piattaforma con 130 milioni di follower, a quello di Papa Francesco, e quello del Dalai Lama. Soprattutto, la campagna elettorale totalmente strutturata su Twitter di Donald Trump, con i suoi 88 milioni di seguaci per la sua ascesa alla Casa Bianca nel 2016. Tutto questo è avvenuto grazie all’invenzione di Dorsey nel 2005. Anche la politica italiana è andato dietro alle regole di Twitter. Da lì, da questo modo di comunicare, non si torna indietro.

Le aspettative deluse

Certo, ci sono dei lati oscuri, alcune scelte da parte di Dorsey che forse non hanno prodotto gli effetti sperati. Innanzitutto, una valutazione economica: se alla voce ricavi c’è ancora soddisfazione, il riferimento è ai dati del terzo trimestre dell’anno in corso, Dorsey in primis si aspettava una crescita più sostenuta degli utenti attivi, ora intorno ai 211 milioni, con una proiezione (al momento difficilmente raggiungibile) di 315 milioni di utenti entro il 2023. Soprattutto, su Twitter gravava l’attesa di scollinare oltre quota 200 milioni di utenti attivi monetizzabili, invece si è arrivati a 199 milioni, in ogni caso in crescita del 20% rispetto all’anno precedente. Insomma, non si tratta di un colosso in crisi, certo, ma il ritardo di Twitter su alcune linee di sviluppo del tech c’é.

Il confronto con gli altri

Dal metaverso, secondo gli analisi, investimento rischioso ma una specie di miniera d’oro per il futuro. E, poi, la trasformazione dei social media in social commerce, da piazze virtuali per conoscenza e conversazione a luoghi virtuali per gli acquisti degli utenti, altro ambito su cui Twitter appare in ritardo rispetto ai competitor. Solo da qualche giorno sulla piattaforma c’è l’opzione Live Shopping, con il colosso dell’elettronica Walmart primo retailer. Sempre Walmart aveva aperto le danze mesi fa per TikTok, sul social commerce hanno puntato da tempo anche Facebook e altre piattaforme come Snapchat e Fortnite. Twitter invece aveva anticipato tutti sei anni fa, quando si è affacciata al commercio virtuale con la funzione Acquista ora, consentendo agli utenti di acquistare un prodotto con un semplice tweet, senza digitare ogni volta i dati della carta di credito sullo smartphone. Il successo non è arrivato, in estate ha varato la versione pilota dello Shop Module, su cui è disponibile un carosello di prodotti nella parte superiore delle pagine aziendali: gli utenti scorrono tra gli articoli, cliccano sul potenziale oggetto del desiderio per saperne di più e poi eventualmente acquistarlo, grazie a un browser in-app.

La sida per il nuovo Ceo

In generale, mentre Facebook, Alphabet-Google hanno moltiplicato il valore di mercato, Twitter non è riuscita a monetizzare la sua popolarità. Mezzo miliardo di clienti rispetto ai tre miliardi di Meta, per esempio. Il prossimo passo per il nuovo Ceo Parag Agrawal è proprio questo, puntare sulla redditività, sul business, come Facebook-Meta e TikTok.

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