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Innovazione e startup, un ecosistema sempre più fintech

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Non è forse un caso se il primo unicorno italiano è stato Scalapay, che ha sfruttato nel migliore dei modi il successo del ‘Buy now pay later’: il fintech sta crescendo sempre di più nel panorama dell’innovazione, secondo lo IAG Index, un termometro che si basa sul database di startup analizzate da Italian Angels for Growth nel corso della sua selezione delle opportunità di investimento. Nel 2021 le startup fintech analizzate hanno rappresentato il 13,6% del totale, aumentando del 49% rispetto all’anno precedente.

Torniamo agli unicorni, spostando necessariamente il focus sull’Europa, visto che in Italia i campioni da 1 miliardo di dollari di valutazione scarseggiano. Nel panorama europeo il settore fintech ha cementato la sua posizione come la categoria dominante: in totale, ci sono circa 70 unicorni europei in diversi settori, e quasi la metà di questi sono in campo finanziario.

Secondo Cb Insights, l’Europa attualmente rappresenta circa il 25% di tutti i 120 unicorni fintech a livello globale. Un dato significativo se si pensa all’ecosistema startup europeo in generale, più piccolo e meno ricco rispetto agli irraggiungibili Stati Uniti e all’Asia. Secondo il report di Cb InsightsState of fintech’, nel 2021 le transazioni e i finanziamenti globali nel settore hanno raggiunto livelli record, dice a Fortune Italia il Managing director di Italian Angels for Growth, Leonardo Giagnoni. “I finanziamenti sono più che raddoppiati rispetto all’anno precedente e l’attività di transazione sul mercato privato è aumentata in tutti i settori e le aree geografiche. Anche secondo il report di Italian Tech Alliance e Growth Capital, ‘Osservatorio trimestrale VC – Italia’ nel primo trimestre 2022 l’ammontare investito vede al primo posto il fintech con 250 mln di euro, trainato dal contributo rilevante di Scalapay e Moneyfarm”.

Qual è il segreto del successo del fintech, allora? È un fenomeno facilitato da un aumento del venture capital nel settore? Insomma, c’è maggiore disponibilità di fondi nel fintech rispetto ad altri settori? O sono altri i fattori chiave? “L’aumento è legato sia al venture capital sia al corporate venture capital”, spiega Giagnoni, riferendosi sia all’attività di investimento dei fondi, sia a quella delle grandi aziende. “Le corporate nei servizi finanziari e assicurativi investono in startup per velocizzare l’adozione di nuove tecnologie ed essere più vicine ai loro utenti”.

Ma c’è un altro elemento: “Fintech e healthcare sono i due settori che stanno predominando proprio perché soffrivano di una maggior arretratezza della digitalizzazione, come evidenziato dalla lentezza inziale di risposta alle restrizioni legate alla pandemia”.

Il mercato italiano è partito in ritardo, secondo il report di IAG, ma sta recuperando terreno: Italian Angels for Growth cita alcune “storie di successo nel portafoglio IAG come ad esempio Fido e Sonect, ma anche la partnership commerciale lanciata da Banca Generali con la startup ‘wallet provider’ Conio che offre servizi di custodia, negoziazione e reporting focalizzati in particolare sul Bitcoin”.

Altro punto importante: il momento in cui avviene la raccolta di capitali da parte delle startup. Nel 2021 i business angels che investono tramite club deal (cioè investitori che si riuniscono per un determinato investimento in un’azienda) hanno ribadito la propria preferenza ad investire in fase seed, che corrisponde al 66,4% delle startup analizzate, valore in crescita rispetto all’anno precedente proprio a confermare questo posizionamento strategico.

Lo IAG Index sottolinea l’interesse nello stadio di sviluppo seed anche grazie alla “maturità dell’ecosistema venture capital italiano, che ha assistito alla nascita di numerosi nuovi player con un ruolo di incubatori e acceleratori in fase pre-seed e fondi istituzionali di VC e Corporate VC che invece affiancano i progetti in fase early stage. Questo permette agli angel group di dare il loro pieno sostegno alle startup nella fase in cui possono contribuire maggiormente per importi investiti e affiancamento strategico agli imprenditori: investire tramite gruppo infatti permette di aumentare l’importo dei capitali raccolti a favore della startup senza esporsi individualmente in maniera eccessiva (mantenendo così una buona diversificazione del portafoglio) e di far leva su competenze multidisciplinari all’interno del gruppo di investitori”.

Migliorano quindi le fase iniziali di raccolta di capitali: per quanto riguarda il percorso ‘finale’ invece? La fase di late venture capital o growth equity? “La fase di growth”, dice Giagnoni, “è entrata nei binari giusti anche in Italia con numerosi round B, C, l’emersione dei primi unicorni e il fatto che l’Italia è sotto il riflettore dei maggiori fondi di venture capital internazionali. Italian Angels for Growth è coinvolta in tutti questi dialoghi venendo chiamata in continuo in Europa, MENA e Israele per dare una view sull’early stage nazionale e creando collaborazioni per la successiva crescita”.

Nel corso del 2021 si nota tra l’altro un aumento generalizzato delle valutazioni, sia in fase pre-money che post-money, fa sapere Iag: “La maggiore presenza di attori e la valutazione delle politiche a favore dell’ecosistema hanno consentito un ‘effetto inflazionistico’ sull’intero tessuto delle startup innovative. In aggiunta, l’imponente intervento da parte di Cassa Depositi e Prestiti ha permesso di superare per la prima volta in Italia 1 miliardo di euro di investimenti nel 2021”.

Secondo gli ‘angels’ italiani, inoltre, il tema della diversità e dell’inclusione sta assumendo un ruolo sempre più rilevante: le organizzazioni più virtuose sono avvantaggiate, vedono aumentare i ricavi e migliorano il rapporto con i clienti. In particolare, la diversità di genere rappresenta un ingrediente fondamentale per lo sviluppo di una startup, per riuscire a cogliere le opportunità e le necessità del mercato a 360°. A questo proposito, lo IAG Index ha evidenziato come la percentuale di startup analizzate con almeno una donna tra i founders si rivela sopra gli standard internazionali, raggiungendo il 41,3%, con un incremento importante del 58% rispetto al 2020.

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