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Aiutare l’editoria migliora la democrazia

La qualità di una democrazia liberale, imperfetta ma vera come la nostra, dipende dalla garanzia del pluralismo e dell’imparzialità dell’informazione. Questi temi investono l’intero settore: libri, stampa quotidiana e periodica, televisione, radio. E, soprattutto, ogni sistema di diffusione dell’informazione in versione digitale: giornali online, web, radio, tv  e social network.

Oggi l’aiuto economico pubblico all’editoria prende direzioni di marcia migliori perché non finanzia più solo l’acquisto di carta (e quanti sulla contabilizzazione creativa della carta hanno fatto fortune), ma anche la stabilizzazione dei lavoratori (giornalisti e non solo), modernizzazione, digitalizzazione e innovazione delle aziende, agevolazioni fiscali, aiuti per la distribuzione e nel settore della pubblicità. Per il 2023 è prevista una dotazione finanziaria di oltre 140 mln di euro.

Troppi? Ancora troppo pochi? In uno studio condotto dall’Università di Oxford, mai pubblicato e tradotto in Italia, qualche tempo fa si poteva leggere che “il totale del sostegno pubblico ai media, misurato in euro pro capite annuo, va da un massimo di 130,7 euro in Finlandia ad un minimo di 43,1 euro in Italia”.

Sono numeri che ci fanno capire perché l’Italia fatica a creare le condizioni per una effettiva libertà d’informazione. Nell’ultima classifica annuale del World Press Freedom Index 2022 sulla libertà di stampa il nostro Paese occupava la 58esima posizione. Dopo di noi ci sono Niger e Ghana. Ai primi posti di questa classifica figurano Norvegia, Svezia, Danimarca, Estonia e Finlandia. Guarda caso quei Paesi in cui il sostegno economico pubblico alle attività editoriali è più consistente e articolato. C’è una icastica affermazione dell’economista statunitense Joseph Stiglitz che forse è il caso di ricordare: “L’informazione è un bene pubblico […] e in quanto bene pubblico ha bisogno del sostegno pubblico”. In questo numero proviamo ad affrontare con i principali attori dell’editoria e dell’informazione italiana alcuni dei problemi che affliggono il settore che sconta una crisi economica e sistemica epocale.

Fra i tanti vizi analizzati ce n’è uno ‘capitale’ che rischia di uccidere l’intero comparto dell’informazione, non solo in Italia: la necessità di un tracciamento del copyright e la corretta remunerazione della filiera da parte delle Big Tech Usa (da Facebook a Google) che usano e abusano di contenuti altrui (editori e autori) per alimentare i propri business. Occorrono leggi per ridurre le perdite delle testate giornalistiche e degli altri prodotti editoriali. Occorrono norme che consentano agli editori di contrattare collettivamente con le piattaforme online i termini per l’utilizzo delle risorse derivanti dalla pubblicazione online. Internet è un abbeveratoio a cui tutti, quotidianamente, ci dissetiamo, in qualunque momento, molto spesso per rispondere a domande istantanee. Solo che il contenitore (Facebook, Google e altri) ne trae un guadagno gigantesco, mentre chi produce i contenuti (editori e autori) a costi sempre più alti non incassa quasi nulla, viene depredato.

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