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Crisi idrica, il piano dell’Italia alla UN Water Conference 2023

Settecentonove impegni: per affrontare la crisi idrica, garantire accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari per tutti, e ridurre i rischi legati al cambiamento climatico correlati a questo bene primario. La ‘UN Water Conference 2023’, conclusasi al Palazzo di Vetro di New York il 24 marzo, ha riunito leader mondiali, società civile, imprenditori, giovani, scienziati e accademici per discutere ed elaborare la ‘Water Action Agenda’: un nuovo ‘mandato sull’acqua’. Una serie di azioni da intraprendere al più presto possibile per raggiungere l’Obiettivo di sviluppo sostenibile 6 dell’Agenda 2030.

Circa 10.000 delegati uniti per “spingere l’umanità verso un futuro di sicurezza idrica di cui ogni persona sul Pianeta ha bisogno”, come ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite Antònio Guterres.

Il quadro è preoccupante, secondo il rapporto presentato dall’Onu. In tutto il mondo quasi due miliardi di persone non hanno a disposizione acqua potabile e 3,6 miliardi non hanno accesso a servizi igienico-sanitari sicuri. A causa di queste carenze ogni anno muoiono almeno 1,4 milioni di persone. La maggior parte bambini.

Antònio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite

Il Pianeta ha sempre più sete. Negli ultimi 4 decenni il fabbisogno idrico è aumentato dell’1% ogni anno e da qui al 2050 questo tasso di crescita dovrebbe mantenersi costante o addirittura crescere. La popolazione urbana globale che dovrà affrontare una penuria di acqua rischia di raddoppiare dai 930 milioni del 2016 a 1,7-2,4 miliardi nel 2050.

Attualmente, circa il 10% della popolazione mondiale – ossia oltre 733 milioni di persone – vive in Paesi con uno stress idrico elevato e critico. E se fino a qualche tempo fa tutte queste percentuali potevano sembrarci qualcosa di estremamente lontano, geograficamente e idealmente distante, oggi l’equazione siccità e ambiente appare sempre più evidente, seppur con effetti diversi, anche nel nostro Paese.

La crisi idrica è qui. Ce ne siamo resi conto qualche mese fa guardando le immagini drammatiche del fiume Po in secca, meno tre metri rispetto allo zero idrometrico. Dopo un inverno particolarmente poco piovoso e il secondo più caldo mai registrato, l’umidità del suolo è sotto la media in gran parte dell’Europa sud-occidentale. E il nord Italia è tra le zone più colpite.

La portata del fiume Po è diminuita drasticamente per la siccità invernale formando isole e spiaggette. Torino, 10 febbraio 2023. Fonte: Ansa/Tino Romano

Adesso, la lista della Water Action Agenda, per far fronte a questa e ad altre situazioni devastanti, si propone di mettere insieme 709 buone intenzioni. ‘Buone’ per chi – restando in tema – vuol vedere il bicchiere mezzo pieno.

Il contenuto della Water Action Agenda

Va detto in premessa: si tratta di accordi scritti neri su bianco non legalmente vincolanti. E quindi, non necessariamente efficaci nel tracciare una direttiva.

Charles Iceland, direttore globale per l’acqua presso il World Resources Institute, ha dichiarato al ‘The Guardian’ che solo un terzo degli impegni dell’Agenda migliorerebbero sostanzialmente la crisi idrica. Ma che soprattutto la gran parte di essi “non ha impegni economici reali collegati”.

All’interno della Water Action Agenda ogni Paese ha proposto i suoi ‘voluntary commitments’, ossia impegni volontari per contrastare la crisi idrica con un investimento totale di 300 mld di dollari.

Gli Stati Uniti hanno previsto un investimento di 49 mld di dollari per sviluppare infrastrutture e servizi per l’acqua e i servizi igienici, resilienti rispetto ai cambiamenti climatici. É la cifra più grande.

Il Giappone ha annunciato che entro i prossimi cinque anni svilupperà “infrastrutture di qualità”, fornendo assistenza finanziaria per un valore di circa 500 mld di yen (3,65 mld di dollari).

Paesi tra cui Germania, Svizzera e Francia propongono la creazione di un inviato speciale delle Nazioni Unite per l’acqua: un ruolo più forte rispetto al ‘Right to Water and Sanitation Rapporteur’ (che ha il compito di ‘informare’ le Nazioni Unite sulle questioni di diritto inerenti all’acqua).

L’Unione Europea si è impegnata da qui al 2030 a sostenere l’accesso ad acqua potabile di qualità e a impianti igienico-sanitari per un bacino di 70 milioni di persone. E ha previsto un finanziamento di 20 mln di euro nei confronti degli Stati membri per accelerare la diffusione della sorveglianza delle acque reflue.

Il piano dell’Italia

Alla Un Water Conference 2023, per il nostro Paese è stato presente il ministro per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin. Fratin ha ricordato che l’Italia è impegnata dall’inizio nell’azione per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile ed in particolare nel sostegno finanziario al Programma UNESCO-Perugia che coordina la realizzazione del Rapporto annuale delle Nazioni Unite sull’acqua.

Gilberto Pichetto Fratin, ministro per l’Ambiente e la Sicurezza energetica dell’Italia

Gli impegni italiani della Water Action Agenda si concentrano in particolare sulla riduzione delle perdite idriche attraverso la modernizzazione della rete di distribuzione. Anche con l’introduzione di avanzati sistemi di monitoraggio sui parametri di erogazione, pressione e qualità.  

Nel documento presentato, si analizza lo stato di salute della rete “caratterizzata da una gestione frammentata e inefficiente delle risorse idriche, attraverso una rete di distribuzione antiquata (il 35% delle condutture ha tra i 31 e i 50 anni) e attraverso la scarsa efficacia e capacità industriale dei soggetti coinvolti nel settore idrico, specialmente al Sud”. Al Meridione si registrano infatti picchi di perdite di oltre il 50%, contro la media italiana del 40%.

L’Italia si impegna a riqualificare 25 reti di acqua potabile, digitalizzarle e trasformarle in un “network intelligente” che favorisca la gestione ottimale delle risorse idriche, riducendo perdite e sprechi.

“La natura intersettoriale del tema dell’acqua, che attraversa tutti i pilastri sociali, economici e ambientali dello sviluppo sostenibile, richiede partenariati e nuovi modelli di partenariato e cooperazione, dal livello di comunità locale, nazionale, di bacino fino a quello globale”, ha detto Fratin. Perché quella dell’acqua resta una sfida che riguarda tutti. 

 

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