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Tassi di interesse, Altomonte (Bocconi): niente panico, meglio scegliere un mutuo a tasso variabile

La Bce ha deciso ancora di alzare i tassi di interesse di altri 25 punti base: il che significa portare il tasso di riferimento al 3,75%. È il settimo rialzo dei tassi di interesse da luglio dello scorso anno, quando la Banca centrale ha messo la parola fine alla politica dei tassi zero. La mossa, volta a frenare la fiammata dei prezzi, ha naturalmente ripercussioni su mutui e prestiti di famiglie e imprese.

Secondo i calcoli di Facile.it l’aumento dei tassi potrebbe portare le rate del mutuo variabile a salire del 5% rispetto alla rata originale. Stando alle simulazioni, se l’aumento della Bce si riflettesse in maniera speculare sull’Euribor (il tasso di riferimento per i mercati finanziari), la rata di un mutuo a tasso variabile standard – cioè 100.000 euro in 25 anni – passerebbe dai 745 euro di giugno dell’anno scorso a 1.099 euro dei mesi successivi per il rialzo di 25 punti di questo mese. Con un incremento, quindi, di 354 euro.

“L’economia mondiale si prepara a salutare la lunga era della grande deflazione per lasciare spazio a un nuovo scenario, caratterizzato da tassi di interesse sopra lo zero e da una crescita dei prezzi sostenuta”, aveva dichiarato a marzo Carlo Altomonte, professore di Politica economica europea alla Bocconi.

Altomonte, in riferimento al rialzo di 50 punti base di ormai due mesi fa, era stato diretto: “La Bce ha fatto bene”. Ma aveva poi aggiunto che si sarebbe fermata. Quello sarebbe stato l’ultimo aumento. Non è stato così. E il docente, oltre ad averne illustrato le ragioni, ha spiegato a Fortune Italia che quest’estate potrebbe esserci persino un nuovo incremento.

Carlo Altomonte, professore di Politica economica europea, Bocconi 

Professor Altomonte, a marzo la Bce aveva “fatto bene” ad alzare i tassi di interesse. E questa volta?

La Bce stessa il 16 marzo aveva annunciato che si sarebbe fermata, e che dopo il rialzo dei 50 punti base ci sarebbe stato un tempo per valutare cosa accadeva al mercato. Nel frattempo l’inflazione europea ha un po’ cambiato natura: non è più un’inflazione che deriva dai costi, ma è un’inflazione che sta sempre di più alimentandosi di domanda interna. Ossia di prezzi caricati dalle aziende e in misura minore salari che salgono. Abbiamo un effetto inflattivo, se vogliamo, che si auto-genera. E può essere spento solo con lo strumento del tasso, con cui le banche centrali stanno decidendo di intervenire in maniera un po’ più aggressiva rispetto a quanto potevamo prevedere rispetto ai dati che vedevamo a inizio anno. Che sì, facevano ben sperare nonostante un contesto, non solo economico, poco positivo. Il tema dei tassi che aumentano è però più legato ai mutui e ai prestiti nuovi che non alle ripercussioni su quelli preesistenti. La Bce ieri non ha escluso che i tassi possano continuare a salire, e dagli Usa sta arrivando un’incredibile volatilità sul mondo bancario che obbliga le banche ad assumere un atteggiamento di forte prudenza per ridurre i rischi possibili. Vuol dire che a pagare saranno soprattutto famiglie e imprese con una storia creditizia non impeccabile e comunque con minori mezzi creditizi a disposizione.

L’impatto del rialzo c’è. Pensa che il nostro Paese possa comunque reggere nel corso dell’anno, adeguandosi a una situazione in cui il decennio dei tassi zero è svanito ma siamo ancora davanti a tassi accessibili rispetto ai picchi degli scorsi anni? Oppure il quadro diventa sempre più allarmante?

I tassi sono ancora su livelli decisamente non eccessivi, sotto il 4%. Niente a che vedere con i tassi a cui eravamo abituati a inizio 2000, ad esempio, che erano ben superiori. Dobbiamo sempre considerare, per capire se un tasso ci fa davvero male, il tasso di interesse reale. Cioè il tasso scontato per l’inflazione. Se osserviamo l’inflazione in questo ultimo anno e mezzo, da quando sono saliti i tassi, è sempre stata più alta del valore del tasso di interesse. Significa che i tassi reali sono sempre stati negativi. Non c’è ancora una politica monetaria fortemente restrittiva o meglio, inizierà a essere restrittiva nel momento in cui con i tassi che oggi sono al 3,75%, l’inflazione arriverà al 4% o addirittura sotto. Solo a quel punto l’inflazione inizierà a mordere. L’impatto, per ora, la nostra economia non lo avverte tutto.

Cosa dobbiamo aspettarci? Quali sono le previsioni per settembre 2023?

Posto che lo scenario può cambiare da un momento all’altro, e non c’è solo la volatilità degli Stati Uniti ma anche quella che è diretta conseguenza del fronte geopolitico (con la guerra in Ucraina), se vogliamo immaginare un contesto di non ulteriori catastrofiche novità, quest’estate avremo senza dubbio un rallentamento dell’attività economica. Qualche Paese europeo potrebbe andare in recessione e l’Italia potrebbe rallentare. Ma questo rallentamento farà bene all’inflazione, farà scendere il tasso di inflazione e ciò dovrebbe contemporaneamente fermare la salita dei tassi da parte della Bce. Dato il nuovo scenario inflazionistico che si è materializzato da marzo possiamo tuttavia ipotizzare un ulteriore rialzo di 25 punti base dei tassi di interesse. Dopodiché, se l’economia inizierà a rallentare, il passaggio dei tassi dovrebbe interrompersi.

Quindi torneremo alla politica dei tassi zero, secondo lei?

No. Impossibile. Avremo tassi che resteranno a questo livello per un certo periodo di tempo, ma non potremo ridurre i tassi zero perché il mondo che ci aspetta non è più un mondo deflazionistico come quello che avevamo durante la globalizzazione. È un mondo più frammentato in cui non abbiamo più accesso alle fonti di energia a minor prezzo, che sono quelle fossili. Fonti che inquinano sul lungo periodo. Il nostro è un mondo che rispetto a prima, conviene meno e costa un po’ di più.

A proposito di convenienza. Più le banche centrali alzano i tassi e più ci si chiede quale mutuo preferire. Oggi è meglio un mutuo a tasso fisso o variabile?

Secondo le simulazioni, prendendo in considerazione un mutuo da 200.000 euro in 25 anni al 70%, i migliori tassi fissi disponibili adesso partono dal 2,99%, che corrisponde a una rata di 947 euro. Mentre per un mutuo variabile la migliore offerta parte da un TAN del 4,01%, e la rata è di 1045 euro. Ma se, come presumo, gran parte della salita dei tassi è avvenuta, forse il tasso variabile è quello che mi dà più spazio di riduzione in futuro.

Quale consiglio darebbe a un giovane o a chiunque abbia intenzione di aprire un mutuo o chiedere un prestito in questo momento?

Negoziare condizioni il più flessibile possibile. Con possibilità di entrata, di uscita e di estinzione che non siano molto onerose. Non conviene legarsi le mani. Almeno per i prossimi sei mesi.

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