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Savini Tartufi, tra fiuto e visione

Quando si aveva poco raccolto di tartufo, il pranzo della domenica in casa Savini era un racconto al sapore di funghi prataioli e una punta di acciughe, gli stessi ingredienti che oggi si ritrovano in uno dei best seller dei loro prodotti: la salsa del tartufaio.

L’idea di racchiudere questo ricordo di famiglia in un vasetto è stata di Cristiano Savini, presidente e amministratore delegato di Savini Tartufi, azienda toscana di tartufai da più di cento anni che ha contribuito a smentire il cliché secondo il quale il tartufo doveva essere mangiato solo da settembre a dicembre. “Venticinque anni fa se ne parlava esclusivamente in autunno, ovvero nel periodo del tartufo bianco – commenta la quarta generazione Savini –. Devo ringraziare il fatto di aver avuto come cliente Colline Toscane, un’enogastronomia all’interno dell’aeroporto di Pisa, tuttora nel nostro network, che mi ha insegnato tantissimo: con loro capii il grande appeal di questo prodotto per i viaggiatori stranieri e che non c’era una stagione e basta.

La Toscana è un brand importante: io ho cominciato ad allungare il suo tempo di consumo da Pasqua a settembre destagionalizzando al motto di ‘Tartufo tutto l’anno’. La nostra fortuna? Poter contare su circa 650 raccoglitori nel raggio di 50 chilometri dalla nostra sede a Forcoli, in provincia di Pisa, che cavano diverse varietà: bianco e bianchetto, quest’ultimo da gennaio ad aprile e in particolare sulla costa, ma anche nero pregiato ed estivo che nei mesi più miti si trasforma in uncinato”.

Ma le mezze stagioni non esistono più, o almeno così dicono i dati di un mercato slittato perlomeno di un mese: “Questo sarà il terzo anno atipico. A risentirne maggiormente è il bianco, il più sensibile. Così, invece di iniziare a cavare a fine settembre, si comincia gli ultimi giorni di ottobre”.

Non solo. A cambiare è stata anche la percezione del consumatore: “Quando ho cominciato io il tartufo entrava solo in trattoria e nei ristoranti. Oggi un terreno particolarmente fertile è quello della pizza gourmet – prosegue Cristiano –, abbinamento che noi abbiamo promosso in occasione di “Savini Tartufi pizza on tour”, un giro d’Italia che cominciò da Napoli con Enzo Coccia”.

Il pizzaiolo napoletano non è però l’unico a esser rimasto affascinato da questo “diamante”. Risale agli inizi degli anni ’80 la messa a punto del miele al tartufo che nacque ripensando alle abitudini del nonno di Cristiano, il signor Zelindo, che usava il nettare dei fiori come energizzante nelle uscite di caccia, sì ma con pane e tartufo. Da lì Luciano Savini, padre di Cristiano, confezionò questo connubio dolce-salato che trovò anche il benestare del maestro Gualtiero Marchesi.

È di queste settimane invece la notizia che annuncia un nuovo corso per la storica attività, la quale continuerà a portare avanti la cultura del tartufo in Italia e nel mondo, affiancata da Private Capital Italian Fine Food, fondo promosso da AVM Gestioni SGR S.p.a. Gestore EuVECA Società Benefit, a cui ha ceduto l’80% delle quote.

“Amo la mia azienda perché è la mia famiglia – aggiunge Cristiano –. Questa operazione è stata fatta con grande consapevolezza, per dare la possibilità al brand Savini Tartufi di crescere con nuova energia vitale e finanziaria. Oggi per migliorare è necessario guardare oltre, e ancora una volta lo abbiamo fatto ben sapendo che da soli non si può arrivare troppo lontano. Questa nuova strada è il percorso più giusto da intraprendere per andare oltre al sogno iniziato da mio nonno”.

Cosa cambierà? Nella loro quotidianità assolutamente nulla. “Abbiamo voluto essere affiancati per una crescita organica che mira all’internazionalizzazione e alla diversificazione. L’anima di Savini Tartufi ha un Dna, sta a me e alla mia famiglia continuare a portarla avanti senza snaturare l’azienda”.

Anche perché Cristiano Savini sa chi sarebbe diventato fin dall’età di sei anni, quando con il padre cavò il suo primo tartufo. Se oggi quell’emozione di trovare le “pepite” nei boschi dell’entroterra pisano la trasmette a neofiti e appassionati durante la Truffle Experience, ovvero la caccia del prezioso fungo ipogeo guidata dall’infallibile fiuto di Giotto Junior, uno dei loro lagotti, è con la Truffle Academy che Cristiano ha l’ambizione di formare dei veri e propri sommelier del tartufo.

Per chi ai banchi di scuola preferisse quelli della cucina, ci sono sempre il Tartufotto, bistrot nel cuore di Milano con un menu sia in versione semplice che tartufata (si raccomanda uno spazio per il tiramisù con tartufo fresco, neanche a dirlo), oppure le esperienze più street, ma pur sempre di qualità, all’interno dei Mercato Centrale di Milano, Firenze e Roma per uno shopping ricercato in bottega prima di salire sul treno.

Se doveste acquistare un solo prodotto? Le peschiole al tartufo, non c’è dubbio, delle perfette finte-olive per aperitivo.

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