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I robot di Ocado e la prova del fuoco del Covid

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Ocado ha costruito il suo business aiutando i supermercati a sopravvivere online. La crisi del Covid-19 è la sua prova del fuoco. Articolo di Jeremy Kahn apparso sul numero di Fortune Italia di giugno 2020.

Il movimento dei robot è ipnotico. In un magazzino di Erith, nella periferia est di Londra, più di un migliaio di queste macchine scivola su una grande griglia di acciaio e alluminio. Ogni robot ha le dimensioni e la forma di una fotocopiatrice per ufficio, con antenne tozze e un brillante led verde. Seguendo ognuno il proprio percorso, sfrecciano a velocità paragonabili a quelle di una Ferrari. Si fermano all’improvviso, cambiano direzione, svoltano a sinistra e a destra, o si fermano momentaneamente per consentire ai compagni robot di passare, in un balletto tecnologico meticolosamente coreografato.

 

La griglia dei robot è in realtà solo la parte superficiale di un gigantesco reticolo tridimensionale, una gabbia piena di cibo ben ordinato. Ogni volta che un robot si ferma, lascia cadere un’appendice a forma di artiglio nel ventre del reticolo (“l’alveare”, come lo chiamano gli operatori umani), scendendo fino a tre piani. L’artiglio afferra i lati di una cassa di plastica bianca contenente frutta, verdura, cereali o uno dei 55mila diversi prodotti a disposizione. Il robot porta quindi la cassa in un altro quadrato del reticolo e la abbassa nel ‘tunnel di raccolta’ che si trova sotto l’alveare, al piano terra del magazzino. Lì, i lavoratori prendono i vari prodotti dalle casse per evadere gli ordini dei clienti, mettendo la spesa in bidoni di plastica rossi, che vengono poi caricati su dei camion per la consegna.

 

Questo magazzino, o ‘customer fulfillment center’ (Cfc) come lo chiamano i professionisti della logistica, è uno dei più sofisticati e automatizzati del pianeta, in grado di gestire molte decine di migliaia di ordini a settimana. Appartiene a Ocado, pioniere britannico della spesa online che si sta affermando come il salvatore dei supermercati – e forse anche di altre attività – aiutando le grandi catene a competere nell’Era dell’automatizzazione.

 

I magazzini robotici di Ocado sono saturi di lavoro, da quando è scoppiata la crisi del Coronavirus. La pandemia ha dato alla società la possibilità di dimostrare che può far sopravvivere alla grande il business online anche quando i suoi lavoratori umani devono affrontare difficoltà senza precedenti. Eppure, allo stesso tempo, lo sconvolgimento della vita quotidiana dovuto alla crisi ha minacciato di allontanare Ocado dalla sua traiettoria di crescita, proprio quando sembrava molto vicino a diventare una nuova potenza globale.

Come la maggior parte dei rivenditori di generi alimentari, Ocado ha fronteggiato un’impennata della domanda causata dalle misure sociali di distanziamento e dal panico dei consumatori. Le sue vendite di generi alimentari nel Regno Unito nel mese di marzo sono cresciute più del 20% anno su anno. Ad un certo punto, le visite al suo sito web erano 100 volte superiori rispetto al normale, tanto che il sistema di cybersecurity dell’azienda pensava che il sito fosse sotto attacco. “Si tratta del picco più alto che abbiamo mai avuto nella storia dell’azienda”, dice David Shriver, direttore della comunicazione del gruppo Ocado.

 

Quello di Ocado non è un caso isolato, in questo senso. I consulenti di McKinsey, in una nota del 19 marzo, hanno riferito che i rivenditori online di alimentari in tutto il mondo stavano lottando per soddisfare picchi di domanda che hanno toccato anche il +700%. C’è una buona probabilità che la pandemia avrà un impatto duraturo sul comportamento dei consumatori, convertendo molti clienti all’online anche dopo la fine della crisi.

 

Tuttavia, come i suoi colleghi, nella corsa per tenere il passo anche Ocado a volte è inciampata. Per cercare di rallentare l’enorme volume degli ordini, Ocado ha chiuso la sua app mobile e ha cominciato a evadere gli ordini sul sito web in ordine di prenotazione. Ma la domanda era semplicemente troppo grande, e con tutti gli slot di consegna prenotati per almeno una settimana, Ocado è stata costretta a chiudere temporaneamente anche il sito, a metà marzo. Quando è tornato online, quasi una settimana dopo, la società ha limitato gli ordini ai clienti già registrati; anche così, è stato comunque difficile trovare degli slot liberi per farsi consegnare il cibo. Ora Ocado si sta preparando per altri scenari peggiori; ha effettuato delle simulazioni per capire cosa accadrebbe se i suoi dipendenti cominciassero ad ammalarsi e interi team dovessero andare in quarantena. Una possibile soluzione è assoldare lavoratori in congedo da altre industrie per farli lavorare nei magazzini e per guidare i camion. L’azienda si è già mobilitata per reclutare i conducenti di Uber inattivi.

 

Anche prima che il Coronavirus colpisse, i negozi di alimentari stavano subendo una pressione tremenda, schiacciati dall’aumento dei costi e dalla competizione sui prezzi. I margini di profitto netto per le catene di supermercati negli Stati Uniti, per esempio, in media si aggirano intorno all’1% o 2%, secondo la società di consulenza Mercator Advisory Group. Oltre a questi trend deprimenti, i dirigenti del settore temono i grandi Mietitori del retail, ovvero Amazon e Walmart, il cui progetto di dominio sulle vendite alimentari sembra sempre più lampante. Walmart è di gran lunga già il più grande rivenditore di generi alimentari negli Stati Uniti, con una quota di mercato del 21,3%, secondo Ubs, più del doppio della quota del suo competitor più vicino, la catena di supermercati Kroger. Secondo alcuni esperti del settore le catene tradizionali potrebbero competere con questi titani solo servendosi della stessa tecnologia all’avanguardia e delle stesse infrastrutture logistiche. L’automazione potrebbe anche aiutarli a tagliare il costo del lavoro. Un recente rapporto di McKinsey ha stimato che implementando le tecnologie esistenti un grande supermercato potrebbe gestire il proprio business riducendo fino al 65% le ore di lavoro.

 

La proposta di Ocado alle grandi catene pone l’accento proprio su questi benefici e aggiunge un tocco ancora più convincente: Ocado può costruire l’infrastruttura di automazione, facendogli risparmiare i costi e l’onere di svilupparla per conto loro. Per molti anni, le parole di Ocado sul diventare una piattaforma tecnologica sembravano essere, appunto, solo parole. Gli analisti erano scettici, e le azioni sono diventate le preferite degli short-seller. Ma l’abilità logistica di Ocado ha gradualmente fatto proseliti. A partire dal 2017, l’azienda ha annunciato una serie di accordi di licenza con catene alimentari in quattro continenti, tra cui una grande partnership con Kroger. Da allora, la capitalizzazione di mercato di Ocado è quadruplicata superando i 10 mld di dollari, mentre le entrate sono cresciute costantemente, a 2,2 mld di dollari lo scorso anno.

 

Gli investitori sembrano fiduciosi del fatto che Ocado possa capitalizzare l’attuale momento storico; dal 28 febbraio le sue azioni sono cresciute del 28% nonostante i mercati globali siano crollati. Il futuro, tuttavia, sembra poco limpido. Gli accordi di licenza di Ocado prevedono da parte sua una grossa spesa, per costruire decine di Cfc. Questi vincoli hanno spinto alcuni analisti a pensare che l’azienda, che attualmente ha contratto più di 750 mln di debito, si sia presa un rischio troppo elevato. E anche una volta che la pandemia sarà finita, rimarrà un dubbio fondamentale: un supermercato, anche con l’aiuto della mano robotica di Ocado, è in grado di resistere all’attacco di Amazon e Walmart?

LE RADICI DI OCADO vanno cercate nel boom delle dotcom, quando tre ventenni inglesi che lavoravano come trader da Goldman Sachs – Tim Steiner, Jonathan Faiman e Jason Gissing – rimasero affascinati dalle startup. Il trio fondò Ocado nell’aprile del 2000. Il nome è una parola inventata, scelta perché potrebbe funzionare in diverse lingue e perché ai fondatori piaceva il design del logo. Steiner, Ceo di Ocado, è l’unico fondatore che fa ancora parte dell’azienda. Tarchiato e elegante, con cortissimi capelli grigi e occhi azzurro chiaro, ricorda l’intensità di un pugile mentre ripercorre tutto d’un fiato la storia di Ocado. Quando Ocado fece il suo debutto, storiche catene di supermercati britanniche come Tesco, Sainsbury’s e Asda (di proprietà di Walmart) lavoravano già con le vendite online. Quelle catene utilizzavano i loro grandi supermercati per soddisfare le richieste online, con i dipendenti che selezionavano le merci per poi caricarle sui camion per le consegne. Questo processo, conosciuto come ‘store pick’, è il modo in cui la maggior parte dei rivenditori hanno integrato l’e-commerce alla propria attività. Lo ‘store pick’ richiede poco capitale aggiuntivo o investimenti sul lavoro, ma ha degli svantaggi. I magazzini di molti supermercati sono troppo angusti per conservare grandi quantità di prodotti, il che significa che i dipendenti potrebbero dover prelevare i prodotti ordinati online direttamente dagli scaffali del supermercato, andando dunque in ‘competizione’ con i clienti del negozio. Con inventari piccoli è anche più facile che i prodotti finiscano e non siano più disponibili, uno dei principali motivi di insoddisfazione del cliente.

 

Ocado, che non possedeva punti vendita, ha utilizzato un approccio differente. Ha costruito un centro di distribuzione centrale automatizzato a Hatfield, a nord di Londra, e evade tutti i suoi ordini da lì. Una strategia che aiuta a minimizzare eventuali carenze di prodotti. Il business è diventato rapidamente popolare, costantemente in prima posizione nei sondaggi tra i consumatori. Il problema: la tecnologia a Hatfield lasciava molto a desiderare. I macchinari che Ocado utilizzava – nastri trasportatori giganti e macchine di smistamento – erano stati progettati per il settore manifatturiero, dove le fabbriche sfornano enormi volumi di oggetti sempre identici. Era inadatto per il commercio al dettaglio, dove l’assortimento degli articoli è enorme e l’ordine di ogni cliente è unico. E le costanti spese per apportare miglioramenti, nel frattempo, stavano consumando larga parte del capitale. “Scherzavo sempre sulla legge che regolamenta le attrezzature per la movimentazione dei materiali, che per me era ‘cinque più cinque è uguale a sette’”, racconta Steiner.

 

In questo periodo, Paul Clarke, un consulente informatico con esperienza nella gestione di startup tecnologiche, è stato chiamato da un recruiter di Ocado. “Ho detto: ‘guarda, mi dispiace davvero, ma non voglio lavorare nel commercio al dettaglio’, ricorda Clarke, un sessantenne dinoccolato con l’atteggiamento tipico del docente universitario di fisica di Oxford, professione che una volta pensava di voler ricoprire. Ma quando ha visitato il magazzino di Ocado, Clarke è rimasto colpito dalle sue dimensioni e dalla sua complessità. Hatfield era un gigantesco puzzle automatizzato, esattamente il tipo di problema di ingegneria che gli piaceva risolvere. “Mi innamorai”, racconta. Clarke ha firmato per un incarico di un anno, con il compito di migliorare il sistema che controllava il flusso di merci lungo i nastri trasportatori di Hatfield. L’operazione di Ocado era così complessa, dice Clarke, che l’unico modo per ri-progettarla era costruire una serie di ‘gemelli’ digitali: in sostanza, simulazioni software in tempo reale delle varie operazioni. Ciò ha permesso a Clarke e al suo team di simulare configurazioni migliorate prima di implementarle nel vero magazzino, evitando costosi tentativi ed errori. In poco tempo, dice Steiner, i vari gemelli aiutarono a incrementare notevolmente l’efficienza. Permettendo di ottenere un ‘cinque più cinque uguale a dodici’.

 

Nell’estate del 2010, Ocado viene quotata sulla Borsa di Londra con una valutazione pari a 937 mln di sterline (1,4 mld di dollari). Molto più di quanto molti analisti pensavano che potesse valere. E le azioni sono scese del 10% nel primo giorno di scambi. Lo scetticismo avrebbe continuato a perseguitare Ocado: nel decennio successivo le sue azioni avrebbero conquistato il triste primato di essere tra le più vendute allo scoperto del mercato. Nel corso dell’anno successivo, tuttavia, Ocado guadagnò il suo primo piccolo utile operativo. Nello stesso periodo, i consulenti del settore alimentare, le banche di investimento e, alla fine, enormi aziende di beni confezionati come Procter & Gamble, Unilever, Nestlé e Coca-Cola iniziarono piano piano a chiedere di visitare i centri di smistamento della società. La prima risposta istintiva di Steiner fu quella di rifiutarsi. “Eravamo piuttosto riservati”, ricorda. Ma ben presto si rese conto che, mentre le altre aziende potevano raccogliere qualche dritta visitando i Cfc, non potevano replicare il sistema integrato di software, hardware, addetti al magazzino e corrieri che Ocado aveva costruito in un decennio. Nel suo rapporto annuale del 2012, Ocado per la prima volta ha fatto della monetizzazione della sua proprietà intellettuale un obiettivo strategico. Tra coloro che visitarono Ocado c’era anche Morrisons, catena del Regno Unito, che aveva entrate di gran lunga superiori a quelle di Ocado, ma non aveva mercato online. Le due società raggiunsero un accordo: la metà della capacità del nuovo Cfc di Ocado diventava di proprietà di Morrisons, e Ocado avrebbe gestito l’impianto e le consegne. Quando Morrisons.com è stato lanciato nel gennaio 2014, è stata la prima dimostrazione che Ocado era in grado di mettere la sua piattaforma al servizio di altri rivenditori di generi alimentari.

 

Clarke, che da allora è stato promosso a chief technology officer, aveva in mente una nuova versione della piattaforma ancora più ambiziosa. A metà del 2015, Ocado aveva iniziato a sviluppare l’esercito di robot che alla fine avrebbe fatto parte dei suoi ‘alveari’. I robot, progettati da Ocado in collaborazione con la società di robotica britannica Tharsus, sono controllati da una rete 4G interna. Qui c’è probabilmente la maggiore concentrazione di centraline 4G al mondo. La rete permette ad ogni robot di comunicare con il software 10 volte al secondo. Ad Erith, l’alveare genera quattro terabyte di dati ogni giorno, che vengono inviati ad un gemello digitale per perfezionare il sistema. I robot permettono ai nuovi centri di smistamento di Ocado di prelevare 200 articoli all’ora, il che significa che possono portare un ordine tipico dal camion di rifornimento in arrivo all’alveare, e poi raccoglierlo, imballarlo e caricarlo su un furgone per la consegna, in 15 minuti o meno. Allo stesso tempo, il sistema modulare dell’alveare, per come è fatto, può essere facilmente replicato e adattato alle dimensioni di nuove location. A completare l’hardware è il nuovo software, dalle applicazioni mobili basate su cloud all’intelligenza artificiale. Questo pacchetto integrato, insieme al supporto ingegneristico per la manutenzione e l’aggiornamento, è ciò che Ocado ora offre ai rivenditori di tutto il mondo.

 

AMAZON E WALMART NON sono estranei alla robotica. Amazon utilizza dei robot compatti, simili ad aspirapolvere automatici, per spostare pile di pallet nei suoi centri di smistamento; l’anno scorso ha acquisito Canvas, una startup i cui sistemi di computer vision consentono ai robot del magazzino di lavorare in condizioni di affollamento, a fianco delle persone. Walmart, nel frattempo, ha introdotto migliaia di robot per tracciare l’inventario e ha creato un magazzino pilota completamente automatizzato nel New Hampshire per le vendite di prodotti alimentari online.

 

Il processo di automatizzazione dei supermercati è stato molto più lento. Ma nel giugno del 2017, una importante mossa da parte di Amazon ha aiutato indirettamente le vendite degli impianti di modernizzazione di Ocado. Proprio allora Amazon ha infatti speso 13,7 mld di dollari per acquistare il rivenditore di prodotti alimentari di fascia alta Whole Foods, che aveva 500 negozi in tutto il mondo. L’accordo fomentò il timore degli altri retailer che Amazon li avrebbe decimati, proprio perché possedeva sempre più rivenditori in diverse categorie, e questo timore aiutò la crescita di un dilagante interesse per la tecnologia di Ocado. A novembre del 2017, Ocado ha annunciato un accordo con il retailer Groupe Casino, mettendo così a disposizione la sua tecnologia per i servizi e-commerce del colosso francese. Due mesi dopo è nata la partnership con Sobeys, che possiede 1.500 punti vendita in Canada. “È l’unico modello di e-commerce profittevole che io abbia visto”, ha detto a Ocado Sarah Joyce, senior vice presidente per l’e-commerce di Sobeys. Sono seguiti diversi altri accordi, tra cui quello con Ica, una società svedese che gestisce 1.300 punti vendita di generi alimentari; con Coles, in Australia; e con Aeon, la più grande catena di supermercati dell’Asia, in Giappone. Ma la più grande di tutte è stata la partnership strategica con Kroger, a maggio del 2018. Il gigante americano ha comprato una quota del 5% di Ocado, in cambio dei diritti esclusivi per l’utilizzo della sua tecnologia negli Stati Uniti; Ocado si è impegnato a costruire circa 20 Cfc per Kroger. Le azioni della società britannica sono salite del 44% il giorno in cui la notizia della partnership è stata resa pubblica.

 

Rodney McMullen, Ceo di Kroger, dice di aver tenuto d’occhio Ocado per una decina di anni, incontrando periodicamente i suoi dirigenti. Kroger aveva implementato una operazione di e-commerce ‘store pick’ dopo una fusione nel 2013, ma secondo McMullen crescendo sarebbe diventata difficile da gestire. La lotta per garantire la soddisfazione dei clienti sia online che nei negozi fisici stava guidando Kroger verso un modello di automazione. “Non intravedevamo alcuna strada che ci permettesse di arrivare ai livelli di Ocado in un anno o due”, dice McMullen. È un ritornello comune, tra i clienti di Ocado: non hanno le risorse per replicarne la tecnologia. “Siamo una grande azienda, ma non siamo una società tecnologica”, dice Anders Svensson, Ceo di ICA Sweden. Ocado, invece, impiega più di 1.800 ingegneri informatici e 600 esperti di hardware. Molti meno di Amazon o Google, ma molti di più rispetto a un rivenditore di generi alimentari.

 

TUTTI QUESTI accordi hanno spinto molti investitori ad abbandonare il loro scetticismo: è passato molto tempo da quando Ocado era un titolo pesantemente venduto allo scoperto. Tuttavia, questi deal non stanno facendo la differenza sul risultato finale perché Ocado riceve i soldi solo dopo che i Cfc sono stati costruiti. Ocado attualmente gestisce 6 ‘customer fulfillment center’ per supportare la gestione delle operazioni nel Regno Unito; mira a gestirne almeno una cinquantina in tutto il mondo, entro i prossimi 10 anni. Il suo primo Cfc fuori della Gran Bretagna, costruito per la francese Groupe Casino, è stato inaugurato il 26 marzo. Un altro, per Sobeys, fuori Toronto, dovrebbe essere lanciato entro giugno. E il suo primo centro per Kroger dovrebbe essere operativo a Monroe, Ohio, nella prima metà del 2021. I partner di Ocado sono responsabili dell’acquisizione di terreni, la costruzione di strutture esterne, la fornitura di una flotta per le consegne, e l’assunzione dei dipendenti. Ma Ocado deve costruire gli alveari, fornire robot e software, e un’adeguata formazione e supporto tecnico in loco. Il costo che Ocado deve sostenere per queste operazioni varia dai 40 ai 45 mln di dollari di “flussi di contanti in uscita” per ogni Cfc di dimensioni medie, spiega Steiner. Solo dopo la costruzione Ocado riscuote una commissione in base alla capacità dei magazzini. Nel suo ultimo anno fiscale, solo il 6% delle entrate di Ocado proveniva dal licensing.

 

Sherri Malek, equity analyst di Rbc capital markets, dice che Ocado non vedrà un flusso di cassa positivo dalle sue licenze almeno fino al 2022. Nel frattempo, i pesanti investimenti di Ocado hanno portato a perdite stratosferiche, peggiorate da un catastrofico incendio che ha sventrato uno dei suoi Cfc all’inizio del 2019. Una domanda che sorge spontanea è se il Coronavirus possa ostacolare l’espansione di Ocado. Quando la pandemia ha colpito per la prima volta, Ocado ha incontrato grandi difficoltà ad approvvigionarsi di un componente chiave per i suoi robot, prodotto a Wuhan, in Cina, l’epicentro dell’epidemia. Da allora l’azienda ha trovato un fornitore alternativo. Ocado assume principalmente team di ingegneri locali, dunque la stretta sugli spostamenti non ha particolarmente impattato su questo aspetto. Inoltre, gli impiegati dei rivenditori di generi alimentari e gli operai sono stati classificati come ‘essenziali’ nella maggior parte dei Paesi, permettendo dunque di non interrompere il lavoro. Nonostante questo, Duncan Tatton-Brown, il Cfo di Ocado, ha detto ai giornalisti che se le restrizioni fossero rimaste in piedi per molti mesi, le tempistiche per la costruzione di nuovi impianti si sarebbero allungate. Allo stesso tempo, Ocado non si aspetta che le entrate provocate dalla pandemia dureranno a lungo. Gran parte dell’incremento delle vendite è arrivato dai clienti che acquistano prodotti secchi e non deperibili; l’azienda prevede che la domanda per molti di questi articoli scenderà al di sotto dei livelli normali nella seconda metà dell’anno, mano a mano che i clienti utilizzeranno le loro scorte.

 

Anche prima del Coronavirus, alcuni dubitavano del fatto che le partnership avrebbero ripagato Ocado. Christopher Mandeville, analista esperto di food retail per la società di ricerca Jefferies, ha criticato in maniera particolare l’accordo con Kroger. In alcune grandi città, dice, la densità della popolazione negli Stati Uniti non è abbastanza elevata per sostenere il modello Cfc di Ocado. Se non altro, la pandemia ha dimostrato che lo ‘store pick’ potrebbe essere un modello di business più resiliente: se una crisi spinge a un aumento della domanda i negozi possono sempre assumere personale fino a soddisfare gli ordini online, mentre i Cfc, progettati per lavorare sempre al massimo della loro capacità, non sono così flessibili. Questi dubbi non hanno impedito a Ocado di raccogliere capitali, e nel 2018 ha emesso azioni per un ammontare complessivo di 187 mln di dollari. Nel febbraio del 2019 ha venduto il 50% della sua attività e-commerce britannica al rivenditore Marks & Spencer. La vendita ha semplificato la proposta di Ocado agli investitori, posizionandola come una piattaforma tecnologica più pura, raccogliendo 982 mln di dollari. A dicembre, inoltre, Ocado ha venduto 655 mln di dollari di obbligazioni convertibili.

 

La frequenza delle raccolte di fondi da parte di Ocado ha messo a disagio alcuni analisti. Ma Steiner, il Ceo, sostiene che queste siano un segno di forza, non di debolezza. “L’unico motivo per fare un aumento di capitale è perché si pensa che si stia per avere più business”, dice. A febbraio, l’investitore più importante del mondo ha dato la sua indiretta approvazione alla strategia di Ocado: Berkshire Hathaway di Warren Buffett ha rivelato in alcuni documenti governativi di aver speso quasi 550 mln di dollari per acquistare una partecipazione del 2,3% in Kroger.

MENTRE OCADO APRE NUOVI CFC in tutto il mondo, Clarke, il chief technology officer, sta studiando la prossima svolta. Sta sperimentando nuovi robot, tra cui modelli dalla prensilità quasi umana, che consente loro di maneggiare generi alimentari delicati e di effettuare riparazioni. Alla fine, dice Clarke, “l’obiettivo è di arrivare a uno stabilimento quasi interamente automatizzato”, un Cfc quasi senza persone. I robot non sono l’unica cosa alla quale sta pensando Clarke. Ocado ha effettuato diversi investimenti nel vertical farming, esperimenti indoor di agricoltura sostenibile. Un altro investimento è Karakuri, una startup britannica che crea cucine automatizzate in grado di preparare pasti in stile ristorante pronti per la consegna a domicilio. Clarke dice che Ocado prevede la costruzione di un ‘macchina per il cibo’ completa. Combinando l’agricoltura verticale, la preparazione dei pasti, e la consegna, spiega, “potremmo essere in grado di passare da una pianta alla tavola da pranzo nel giro di due ore, o meno”. Steiner e Clarke hanno anche iniziato a guardarsi intorno alla ricerca di linee di business redditizie al di là del settore alimentare. L’esperienza di Ocado nella logistica, nell’A.I., nella robotica e nelle simulazioni potrebbe essere utilizzata per gestire parcheggi automatizzati, lo smistamento pacchi, il trasporto ferroviario, la gestione dei container nei porti e altro ancora. Ocado ha già creato simulazioni di un parcheggio automobili, dice Clarke, e ha iniziato ad esplorare versioni in scala dei suoi robot per la movimentazione di merci molto più pesanti di una cassa di banane. Il tutto potrebbe sembrare eccessivo per una società che deve ancora dimostrare resistenza a lungo termine nel suo core business, ovvero i prodotti alimentari. Ma per coloro che si chiedono perché Ocado vorrebbe espandersi nella gestione di parcheggi o porti, Steiner ha una risposta pronta: “E se Amazon si fosse limitata semplicemente ai libri?”.

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