Alla fine anche Uniqlo è costretta a cedere. La catena di abbigliamento di proprietà di Fast Retailing infatti ha dichiarato che chiuderà temporaneamente i negozi in Russia, unendosi a un elenco crescente di aziende di tutto il mondo che hanno deciso di ridurre le loro attività nel Paese dopo l’invasione dell’Ucraina.
La mossa è un’inversione di tendenza rispetto a quanto dichiarato appena all’inizio di questa settimana dal fondatore della società, Tadashi Yanai. In quell’occasione aveva infatti sostenuto che l’abbigliamento è una “necessità della vita” e che i russi hanno “lo stesso diritto di vivere di noi”. Altri rivenditori di moda, inclusi i rivali H&M e la Inditex di Zara, avevano precedentemente smesso di vendere in Russia mentre i negozi Uniqlo erano rimasti aperti.
“Il settore del fast retailing è fortemente contrario a qualsiasi atto di ostilità”, ha affermato oggi il rivenditore giapponese in una dichiarazione. “Condanniamo tutte le forme di aggressione che violano i diritti umani e minacciano l’esistenza pacifica degli individui”.
Il più grande produttore di abbigliamento asiatico è entrato nel mercato russo nel 2010 e lì gestiva 50 negozi, il maggior numero di punti vendita al di fuori dell’Asia, secondo il suo sito web. Nel 2017 ha costituito una joint venture con Mitsubishi per espandersi ulteriormente nel mercato.
L’invasione dell’Ucraina sta causando un esodo dalla Russia da parte di molte società, invertendo il trend di tre decenni di investimenti da parte di imprese occidentali e straniere in seguito al crollo dell’Unione sovietica del 1991.
La società inglese del settore energetico BP ha fatto da apripista annunciando a sorpresa il 27 febbraio che sarebbe uscita dalla Rosneft, controllata dallo Stato, di cui deteneva una quota del 20%. Questa decisione ha spingento poi molti altri a chiudere negozi, fermare gli investimenti o annunciare altre misure.
L’articolo originale è su Fortune.com
