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Sustainability Forum, il valore della cooperazione internazionale

I risultati spesso deludenti delle ultime Cop, le Conferenze internazionali sul clima, portano a una domanda abbastanza scontata: i progressi fatti dalla cooperazione internazionale negli ultimi anni saranno sufficienti per un’azione contro la crisi climatica abbastanza coordinata da proteggere tanto l’ambiente quanto la società? Stati e organismi internazionali sono pronti per una Just Transition? Anche per rispondere a questa domanda uno dei tavoli della prima giornata del Sustainability Forum di Fortune Italia è stata dedicata proprio al tema della cooperazione internazionale.

Durante la tavola moderata da Patty Torchia sono intervenuti Francesco La Camera, Direttore generale Irena, Seiny Nafo, Chair African Group of Negotiators, Pietro Sebastiani, ambasciatore, e Carlo Bagnoli, Responsabile Scientifico VeniSIA.

“Di recente ho affermato che dobbiamo innovare per reinventare la cooperazione internazionale. Quel che intendo dire è che per raggiungere la piena decarbonizzazione economica e assicurare una transizione collettiva è necessario adottare una logica più collaborativa. I Paesi devono cooperare attivamente”, ha detto il Dg dell’Agenzia internazionale per le rinnovabili, che ha recentemente sototlineato come il 2023 sarà un anno fondamentale per la transizione.

Bagnoli ha rimarcato il concetto ricordando come sia giusto ragionare in ottica di “cambiamento globale” e quindi di “soluzione globale”. “La transizione può avvenire solo tramite l’innovazione. Ma l’innovazione deve appartenere a tutti. Per far sì che questo avvenga, sembrerà scontato, ma bisogna lavorare insieme”, ha commentato.

Atteso e sentito è stato l’intervento di Nafo. Alcuni, se non la maggior parte dei problemi di cui parliamo oggi, hanno un peso completamente diverso per il continente africano.

Nonostante in Africa viva oltre il 17% della popolazione mondiale, nel continente viene consumato solo il 4% dell’energia globale. Oltre 600 milioni di persone non hanno nemmeno accesso all’energia elettrica e quasi un miliardo non dispone di fonti di energia pulita per cucinare. “Ci sono cose che non vediamo ed errori di cui i Paesi dovrebbero essere consapevoli. La transizione completa probabilmente non avverrà entro il 2050, sicuramente non in Africa. Ci vorranno almeno dieci anni in più, e a incidere sono come sempre gli interessi di Paesi con un’economia e una struttura differenti”, ha affermato.

“Io sono stato in Kenya nel 1999. Conservo dei ricordi bellissimi, a cominciare dai colori del paesaggio”, ha detto Sebastiani, che è stato Ambasciatore di grado dal 1984 al febbraio 2022: tra i ruoli quello di rappresentante permanente aggiunto d’Italia presso l’Unesco, consigliere diplomatico del Presidente della Camera dei Deputati, rappresentante permanente d’Italia presso le Organizzazioni delle Nazioni Unite. “Purtroppo è vero che quest’area è fortemente arretrata, sotto tutti i punti di vista. Per questo è fondamentale prestare aiuti e mettere a disposizione finanziamenti”.

Nel secondo giro di domande della tavola, è stato chiesto a La Camera quanto velocemente dovrebbe e potrebbe procedere la sfida verso la transizione. “Credo che non importi chiedersi quanto manchi, la verità è che non c’è più tempo”, ha risposto La Camera. “Dobbiamo costruire persino le infrastrutture”.

Anche Nafo è convinto che bisogna sbrigarsi. “Non credete sempre e solo ai mercati. Fate un calcolo complessivo, guardate la fotografia complessiva. Non sono solo pro e contro, guadagni e perdite”.

Secondo l’ambasciatore Sebastiani “i Paesi sono come gli esseri umani. Ci sono Paesi generosi, Paesi timidi, Paesi nervosi. Tutti i Paesi hanno bisogno di relazioni, come gli umani. Non dovremmo aver paura del dialogo con i Paesi stranieri, in politica. Non dovremmo astenerci dal firmare contratti e fare accordi con altri Paesi. Sicuramente dovremmo ridurre i rischi di queste relazioni, e per farlo bisogna diversificare, come si fa negli investimenti. Abbiamo fatto in passato l’errore di mettere tutte le nostre uova in un paniere. Bisogna puntare su diversi Paesi, specialmente se sono Paesi in via di sviluppo”. L’ambasciatore fa l’esempio dell’accordo firmato dall’Italia con l’Algeria sulle importazioni di gas. “Ma il Paese è cruciale per tutta la regione e per tutti i suoi Paesi”.

La Camera ha ricordato come la prossima Cop28 negli Emirati arabi uniti, sarà il primo momento in cui si concluderà il primo Global Stocktake, iniziato dalla Cop26 di Glasgow: il processo, che dura due anni e si tiene ogni cinque, è cruciale per comprendere meglio a che punto sono le nazioni mondiali nell’attuazione dell’Accordo di Parigi.

Con lo Stocktake si valutano i progressi delle nazioni verso il raggiungimento degli obiettivi climatici a lungo termine. Diventa quindi una base per definire le azioni prioritarie da eseguire nei prossimi sette anni: l’orizzonte fondamentale è sempre quello del 2030.

Per La Camera, nel processo dello Stocktake i Paesi risponderanno in maniera molto semplice: con qualche differenza tra ognuno di loro, “non sono sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi”. Ma si può ragionare su come colmare questo vuoto. Sappiamo quello che dobbiamo fare a livello energetico, spiega La Camera: la prossima Conferenza sul clima dovrà dare un’idea di come la comunità internazionale si debba muovere per farlo.

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