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La settimana, storie e analisi: copie pirata

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Notizie, approfondimenti e commenti della newsletter di questa settimana (ci si registra qui): Il revenge spending cinese; l’allarme di Bankitalia sui dati; come cambia la comunicazione delle aziende; il fintech alla prova del coronavirus.

 

 

Usare il Mes, perché non si capisce perché non usare risorse senza condizioni. Capire come lavorare sugli Eurobond, che naturalmente aiuterebbero l’Italia. E poi risolvere problemi che c’erano anche prima dell’emergenza coronavirus. Come la burocrazia. La ricetta, al netto delle incertezze di una situazione senza precedenti, è firmata Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui Conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano, che in questa settimana si è aggiunto alla lista di personaggi del mondo dell’economia, dell’impresa e della ricerca intervistati da Fortune Italia per il ciclo di video interviste dedicate alla Ricostruzione.

Tra loro anche Roberto Nicastro, vice presidente di Ubi Banca, presidente delle quattro ‘Good banks’ (Chieti, Etruria, Ferrara, Marche), prima ancora direttore generale di Unicredit. Ha appena lanciato una nuova fintech dedicata alle piccole e piccolissime imprese, che sarà sul mercato entro la fine del 2020. Direttamente dagli Stati Uniti ci ha risposto Mauro Porcini, che è SVP & Chief Design Officer di PepsiCo: “Sarà necessario per i leader delle aziende concentrarsi di nuovo sull’essere umano e creare una nuova economia basata sui valori umani, sui sogni, i desideri e le necessità vere dell’uomo”.

 

 

L’opinione

Di Fabio Insenga

 

 

Siete dei ladri. Come gli altri, come quelli che svaligiano le case. Rubate il lavoro, gli sforzi e gli investimenti di un settore che già soffre da anni. Rubate il futuro dell’editoria. Usate Telegram per diffondere copie pirata di giornali e periodici e rendete vostri complici i nostri lettori. Fate un danno economico enorme, quantificabile in 250 mln di euro l’anno secondo la FIEG, la federazione degli editori. I dati della vostra attività sono impressionanti: dieci canali Telegram, dedicati esclusivamente alla distribuzione illecita di giornali; avete trovato 580 mila utenti. Avete fatto scaricare il numero di Fortune Italia di marzo 45mila volte su un solo canale.

 

E, allora, cambiamo interlocutore. E rivolgiamoci direttamente a chi sceglie di leggere giornali e riviste su Telegram. Guadagnare o perdere copie deve restare un problema di fiducia. E non una resa alle leggi della pirateria imposte a un mercato che già arranca per problemi che si trascina da tempo. Se avete gli strumenti culturali per capirlo, fate una scelta consapevole e rinunciate ad alimentare un mercato parallelo che può distruggere le testate che volete leggere. È una scelta che vi costa poco ma che può pesare molto.

 

Trovate qui l’opinione integrale.

 

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Le altre storie della settimana

 

 

Coronavirus
In Cina c’è ‘revenge spending’: restituirà lo shopping perso?

 

Dopo mesi di blocco assoluto, la Cina si sta risvegliando dal torpore del coronavirus. E si sta facendo largo una tendenza espressa in un termine sempre più usato sui media e sui social: “Revenge spending”. Letteralmente shopping di vendetta, si riferisce alle spese che si fanno in modo quasi compulsivo per recuperare il periodo di astinenza da acquisti e viaggi imposto dalle chiusure di negozi ed e-commerce. I consumatori “affamati” non solo di beni ma anche esperienze – viaggi, pasti al ristorante, biglietti per eventi culturali – comprano più del normale e questo potrebbe rappresentare un’ancora di salvezza per i venditori e per l’intera economia. Nel 2003, quando ci fu l’epidemia della Sars, il revenge spending funzionò.

 

 

Coronavirus
Per far ripartire l’economia servono più dati

 

“Due soli sistemi operativi, prodotti da Google e Apple, raccolgono dati da miliardi di dispositivi elettronici. Facebook ha almeno 2,4 miliardi di utenti attivi almeno una volta al mese. A fronte delle misure di lockdown, Amazon sta fortemente espandendo i suoi servizi di consegna a domicilio in tutto il mondo. L’impressionante mole di informazioni a disposizione di queste imprese può essere utilizzata per affrontare la crisi”. A dirlo è Bankitalia, in un paper dal titolo ‘Salviamo i dati economici dal Covid-19’ a firma di Claudia Biancotti, Alfonso Rosolia, Fabrizio Venditti e Giovanni Veronese, gruppo di monitoraggio dell’emergenza Covid-19.

 

 

Coronavirus
La comunicazione delle aziende sta cambiando

 

Non è difficile comprendere quanto potente sia la rivoluzione anche comunicativa in corso in queste settimane. Se tante aziende si sono lanciate in una rapida riconversione industriale, cercando di rispondere ai bisogni soprattutto sanitari dettati dalla pandemia, al contempo è scattata anche una riconversione del messaggio pubblicitario e reputazionale, all’insegna del cosiddetto “instant advertising”. Stiamo assistendo a qualcosa di mai visto prima. Nel giro di un mese una intera generazione di spot in tutto il mondo è stata cestinata e sostituita in fretta e furia da produzioni nuove di zecca, create in pochi giorni.

 

 

Banche
Il fintech alla prova del coronavirus

 

Fu la Grande Recessione degli anni 2000 a provocare il boom del fintech, o almeno così viene solitamente raccontata la storia delle sue origini. Armati della giustificata rabbia contro le grandi banche e della convalida concessa dal Dodd-Frank Act, la legge che ha riformato Wall Street e obbligato le banche a rendere i dati dei consumatori disponibili ‘in forma elettronica’, società come Robinhood, SoFi e Venmo (ora di proprietà di PayPal) sono diventate potentissime, e quasi onnipresenti. Ora che il fintech sta affrontando la sua prima recessione globale, provocata dal coronavirus, i suoi attori principali potrebbero diventare ancora più forti di prima? I leader dell’industria la vedono certamente come un’opportunità per dimostrare il proprio coraggio.

 

 

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