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L’esercito delle imprese zombie in Italia: sono 23.000. Bruciati 1,3 mld

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A differenza dell’inuttabile destino degli zombie di serie Tv e film horror, le imprese ‘zombie’ italiane (quelle in cui il rendimento del capitale è inferiore al costo del capitale stesso, tenute in piedi artificialmente dai prestiti) possono essere salvate. Ma il salvataggio può costare molto. Servono finanziamenti: così quelle aziende continuano a camminare (da zombie prima; da vivi, se la cura funziona, poi) in un clima economico che non semplifica le cose a livello di liquidità. Secondo un report della tech company Cerved, il siero miracoloso nel biennio 2020-2021 è stato quello del Fondo di Garanzia, ma 1,3 miliardi investiti sono andati persi: nonostante i finanziamenti, molti zombie sono rimasti zombie (anche se nel 2021 sono 23mila, dalle 40mila del 2020), o sono definitivamente usciti dal mercato.

Intanto, aumentano i debiti delle imprese: nel 2021 ammontano a 130,4 miliardi di euro (di cui solo 20,4 finanziati dal Fondo di Garanzia) contro i 128,6 miliardi del 2019.

I numeri dell’esercito zombie

Insomma, gli aiuti funzionano, ma potrebbero funzionare meglio. Ecco i numeri dell’esercito di imprese zombie, cioè aziende “che non sono in grado di operare secondo le normali condizioni di mercato – perché fortemente indebitate e incapaci di ripagare gli interessi sul debito attraversi i propri utili – tenute “artificialmente” in vita tramite prestiti e sussidi”, come le definisce Cerved:

  • Attualmente le aziende zombie in Italia sono ancora 262 (in base ai bilanci disponibili analizzati da Cerved)
  • Sono composte da 12.456 che non si sono risanate (ancora zombie) e da 10.806 new entry
  • Per il 45,9% (10.675) sono finanziate dal Fondo di Garanzia con 7 miliardi di euro
  • 20,4 miliardi di euro: i debiti finanziari delle imprese zombie iscritti a bilancio.

Il biennio 2020-2021, tra lockdwon e ripresa post pandemia, ha una doppia faccia: da un lato, gli aiuti funzionano. Dall’altro, se ne sprecano tanti:

  • Sono state risanate 40mila imprese tra 2020 e 2021, quando a ricevere finanziamenti è stato il 28,8% (8.102) delle aziende considerate zombie nel
  • Il 69,6% di queste (contro il 43,1% di quelle non finanziate) è riuscito a rimettersi in sesto grazie a 3,1 miliardi di euro di sovvenzioni.
  • Il 30,4% che rimane è uscito dal mercato o è, ancora oggi, zombie
  • Questo vuol dire che 1,3 miliardi di finanziamenti sono andati perduti.

 

Secondo Andrea Mignanelli, Ad di Cerved, “le ragioni per cui ciò accade sono legate alla salvaguardia della tenuta economica e dei livelli occupazionali del Paese così come alla necessità di contenere il rischio di insolvenza e di generazione di nuovi crediti deteriorati”.

Ma l’Ad dice anche che “la presenza di imprese zombie pesa sul sistema produttivo, perché distrae capitali che potrebbero garantire rendimenti più alti e maggiore produttività altrove, rende difficile l’accesso al credito a imprese sane e startup, contribuisce alla stagnazione e disincentiva l’ingresso di nuovi operatori, aumenta il costo del denaro ed espone maggiormente il sistema alla trasmissione di shock finanziari”.

Imprese zombie, l’effetto pandemia

I numeri di Cerved forniscono uno specchio utile di come sia stata gestita la crisi generata da Covid, attraverso  “aiuti e prestiti”, dice Mignanelli. “Ora però servono interventi mirati, basati su strumenti, dati e tecnologie che permettono di fare uno screening corretto delle imprese su cui investire”.

Le società zombie stanno per sparire: ed è un bene per l’economia

È stata proprio la pandemia a far impennare nuovamente il numero di zombie italiani. E il 2022 delle tensioni geopolitiche e dell’inflazione non ha sicuramente migliorato le cose, perlomeno dal punto di vista della liquidità a disposizione delle aziende alle prese con le bollette.

Ecco un resoconto degli ultimi anni:

  • Nel 2020 le imprese zombie erano schizzate a 40.218 (cifre che non si vedevano dal 2015) per effetto di 26.685 nuovi ingressi e questo nonostante più della metà (14.566) si fosse risanata quello stesso anno
  • Nel biennio 2020-21, il 22,6% (6.361) usciva definitivamente dal mercato a seguito di procedure gravi (2.865) o risultava non più attivo (3.496), con uno strascico di 12,2 miliardi di euro di potenziali crediti deteriorati (NPL), mentre 7.474 aziende (26,6%) restavano nella stessa condizione.
  • Molte di più quelle che nel 2021 sono riuscite ad uscire dall’impasse: nel 2021 la ripresa economica ha favorito 27.762 imprese (con 71 miliardi di debiti finanziari risanati), ma altre 10.806 si ‘zombizzavano’.
  • In uno scenario molto dinamico sul fronte del numero di aziende zombie e non, come lo definisce Cerved, rimane il dato dei debiti, che nel 2021 erano in aumento: 130,4 miliardi di euro (di cui solo 20,4 finanziati da Fondo di Garanzia) contro i 128,6 miliardi del 2019, nonostante il numero di imprese zombie fosse calato da 28.099 a 23.262; anche l’indebitamento medio era più alto (5,6 milioni contro 4,6).

 

Per ragioni strutturali, dice Cerved, “l’Italia è uno dei Paesi OCSE a più alta incidenza di imprese zombie, più che dimezzate a partire dalla crisi del 2012 ma di nuovo cresciute nel 2020 a causa della pandemia, quando il forte aumento delle aziende a rischio ha richiesto misure di sostegno che hanno mantenuto sul mercato realtà molto fragili finanziariamente: ancora a fine 2022, infatti, le procedure gravi come fallimenti, liquidazioni giudiziali e controllate risultavano in calo (7.207, -20,3% rispetto al fine 2021) nonostante i rincari dell’energia, l’inflazione e il rialzo dei tassi abbiano riacutizzato i problemi di liquidità delle imprese”.

Imprese zombie, la mappa delle risanate…

Le aziende zombie hanno effetti diversi in base a territori e settori. Nel 2021 ad aver beneficiato di più del risanamento sono state le aziende di lavorazione dei metalli, logistica e trasporti, chimica e farmaceutica, servizi finanziari e assicurativi, largo consumo (prendendo come riferimento sempre il totale del 2019. A soffrire di più (con tassi di cessazione o procedura fallimentare più elevati) ci sono sistema moda, mezzi di trasporto, costruzioni.

La divisione territoriale, invece, non rispecchia la classica divisione italiana tra Nord e Sud. Semmai, nel Mezzogiorno si salvano più zombie: tra le regioni con più imprese risanate ci sono anche Calabria (55,2%), Sardegna (54,9%), Basilicata (53,5%) e Sicilia (53,3%), insieme a Trentino AA (61,2%), Abruzzo (55,7%), e Piemonte (53%). Maglia nera alla Valle d’Aosta (44,2%), poi Liguria (47,2%), Toscana (47,5%), Umbria (48%), Molise (48,8%), Emilia Romagna (48,9%).

…e la situazione attuale

Quali sono invece i numeri dell’esercito zombie, per settore, più recenti? Nel 2021 agricoltura e allevamento (5,2%), largo consumo (5%), carburanti e energia e utility (4,1%) mezzi di trasporto (3,8%) e sistema moda (3,5%) sono stati i settori più colpiti, su una media trasversale italiana del 2,4%; al contrario, servizi finanziari e assicurativi (0,2%) e immobiliare (0,5%) si dimostrano appena lambiti dal fenomeno.

Da notare come, nella variazione tra 2019 e 2021, solo gli zombie di un settore siano in crescita: quello delle costruzioni (+4,7%).

Osservando invece l’andamento delle aziende zombie tra il 2019 e il 2021, vediamo che la riduzione più forte si è avuta in Sardegna (-42,9%), seguita da Sicilia (-32,3%), Calabria (-30,1%), Abruzzo (-26,8%), Basilicata (-25,7%) e Puglia (-24,6%).

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